Attualità
Giovane ghemmese in Thailandia nei tempi della pandemia
Giovane ghemmese ha trascorso in Thailandia, dove vive, l’emergenza Coronavirus: il suo racconto.
Giovane ghemmese in Thailandia
In Thailandia durante la pandemia: la ghemmese Elisa Franco, di 24 anni, vive da sola nello stato asiatico dove sono state messe in atto molte precauzioni per il contagio da Covid-19. «Dopo la laurea nel 2018 in lingue straniere – racconta la giovane, che è figlia del presidente della Pro loco cittadina – sono partita per la Cina come ragazza alla pari; vivevo con una famiglia in cui solo i due bambini riuscivano a parlare un po’ di inglese con me. Quell’esperienza mi fa fatto innamorare completamente dell’Asia. Mi sono trasferita in seguito in Thailandia, nella città di Hat Yai. Attualmente lavoro come insegnante di inglese in una scuola media e liceo. Ho un totale di 10 classi (circa 200 studenti) e non parlo la loro lingua. L’anno scolastico thai va da maggio a settembre (primo semestre) e da novembre a marzo (secondo semestre). Io ero stata presa solo per il secondo semestre perché l’anno scolastico era già iniziato».
L’emergenza sanitaria
A gennaio la Thailandia è il primo Stato ad avere un caso confermato di coronavirus fuori dalla Cina; è stata inoltre la meta più gettonata dai turisti cinesi per le vacanze del loro capodanno. «Qui però – racconta Elisa Franco – non si sono chiuse le frontiere, non c’è stato allarmismo, non c’è stato panico. Il governo ha attuato da febbraio una strategia per contenere il virus, fatta di tre passaggi, costituiti dal controllo della temperatura corporea in tutti gli aeroporti e ospedali (esteso poi si supermercati); dalla distribuzione di gel igienizzanti e mascherine (ho ricevuto subito due mascherine dalla mia scuola, una chirurgica e una lavabile); dall’imposizione di un isolamento autonomo di 14 giorni a tutte le persone che entravano in Thailandia». Evidentemente una strategia che ha funzionato visto che durante tutto il mese di febbraio si sono registrati solamente 40 nuovi casi.
La scelta
«Marzo sarebbe stato il mio ultimo mese di contratto, quindi dovevo decidere in fretta sul da farsi. Ho deciso di restare perché in primo luogo non volevo espormi al pericolo di essere contagiata in aeroporto, siccome avrei dovuto fare diversi scali; secondo, non avrei voluto far viaggiare il virus. In Thailandia non c’è mai stato un vero e proprio lockdown, tranne che a Bangkok; dal 3 aprile è stato imposto un coprifuoco che è ancora in vigore, non si può uscire dalle 22 alle 4, e sono stati chiusi i cinema, i centri commerciali, e gli stadi. C’è poi una restrizione sugli spostamenti: ci si può muovere solo all’interno della propria provincia. Inoltre, da aprile chi non indossa la mascherina fuori casa può ricevere una multa di circa 1.000 euro».
Il lavoro
Attualmente la giovane sta insegnando inglese ai suoi studenti online, «sperando che la scuola riapra a luglio, come annunciato dal ministero dell’istruzione. Non è stato facile restare qui da sola, in un Paese nuovo in cui non si parla la lingua del posto in piena pandemia mondiale. In certi momenti ho avuto paura. Però non mi pento di aver scelto di restare; mi sono sentita protetta. Il governo thailandese ha agito subito e ha fatto davvero di tutto per contenere questo virus. La diligenza dei cittadini e la loro precisione nell’osservare le regole ha poi fatto si che questo paese diventasse un esempio da seguire sul come fronteggiare una pandemia»
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