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«L’Asl smetta di ”potenziare” i servizi o non ci resta più nulla»

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Monta la polemica per la riorganizzazione dell’ospedale di Vercelli. Poi tocca a Borgosesia

Le ultime mosse dell’Asl riguardo l’ospedale di Vercelli finiscono nel mirino dei giornali locali e dei siti del capoluogo. In particolare, appaiono significative due lettere aperte dirette alla managr Chiara Serpieri apparse l’altro giorno, che la dicono lunga sugli umori del momento (da tenere presente che la riorganizzazione toccherà poi anche Borgosesia).

Gigi Nodaro, direttore da “La Sesia”, va giù durissimo: «Il “Nuovo piano di organizzazione” della sanità regionale sta distruggendo l’ospedale Sant’Andrea, ospedale di cui, prima o poi, tutti avremo necessità. Ci stanno indorando la pillola (che in questo caso parrebbe più un siluro) con tanti bei giri di parole che in realtà nascondono un unico intento: “tagliare servizi” per poter risparmiare… sulla nostra pelle». E contro il direttore Serpieri che una nota afferma che nè oncoematologia, nè il centro accompagnamento e servizi sono stati ridimensionati, Nodaro scrive: «Che coraggio dottoressa! Il reparto di Oncoematologia è stato fatto a pezzi, non esiste più. Avete spedito i pazienti in Medicina, insieme a persone che hanno patologie diverse e per fortuna che, nonostante gli innumerevoli tentativi dei mesi scorsi, resteranno i medici che avevano trasformato questo reparto in un’eccellenza vercellese. E rischia di fare la stessa fine Emodinamica, altra eccellenza».

Sulla stessa linea Enrico De Maria, che guida il sito TgVercelli.it: rispetto al repartino attivato poco tempo fa per accompagnare i malati alla fine della loro vita, «questo nuovo servizio è tutt’altro che quello abbandonato: al posto di una struttura alberghiera, ora c’è un normale reparto e niente più, in cui vengono garantite sì le procedure palliative, ma in un ambiente che non ha nulla a che vedere sia con gli alloggi del Dom, sia con quelli dell’hospice di Gattinara. Le domando: perché si è peggiorata una cosa che funzionava bene? Me lo può spiegare, come ad un bambino di quattro anni?» E ancora: «Forse siamo di fronte ad un problema “semantico”: il verbo “potenziare” per lei significa una cosa, per me (e non soltanto per me, a quanto pare) altra cosa. Le chiedo dunque un piacere, a nomi di tanti altri: non “potenzi” più niente per favore, stiamo bene così».

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