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La Valsesia piange Piero Corte, staffetta partigiana a 11 anni e testimone della Resistenza

Nativo di Borgosesia e cresciuto a Varallo, si era trasferito in Liguria. Avrebbe compiuto 90 anni a novembre

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La Valsesia piange Piero Corte, staffetta partigiana a 11 anni e testimone della Resistenza. Lo scorso anno la sua storia di staffetta partigiana era stata rievocata in “Altre Storie”, podcast curato dal giornalista Mario Calabresi.

La Valsesia piange Piero Corte, staffetta partigiana a 11 anni e testimone della Resistenza

Piero Corte è morto nella sua abitazione di Monterosso, nelle Cinque Terre. Dopo esser cresciuto a Varallo, si trasferì in Liguria. A novembre avrebbe compiuto 90 anni. La storia personale di Piero Corte è anche inserita nel “Memoriale della Resistenza italiana” di Noi Partigiani, progetto dell’Anpi per raccogliere testimonianze dei protagonisti della Resistenza, di chiunque abbia dato il proprio contributo alla lotta di Liberazione.

La sua vita

Classe 1933, nato a Borgosesia il 10 novembre e cresciuto a Varallo, Corte era giovanissimo quando seguì i partigiani. Lo fece come staffetta. Sostituì il padre Battista “Tita” quando venne arrestato. Un episodio che ha raccontato nell’intervista a Calabresi: «Era il 9 aprile 1944, stavo giocando in piazza quando venni preso dai tedeschi e caricato su un’auto perchè li portassi dove si nascondeva mio papà. Li ho condotti in tre posti diversi, sperando che nel frattempo riuscisse a scappare, solo la quarta volta li ho portati nel luogo giusto, e purtroppo mio padre non se n’era andato perché temeva che mi facessero del male ed era rimasto ad aspettarli».

Una vicenda incredibile

La cosa peggiore, raccontava Corte era non riuscire far sapere al padre che non l’aveva tradito.
Interrogato per giorni, per “Tita” Corte venne disposta la fucilazione. La moglie, insieme al giovane Piero e agli altri figli, si misero davanti al plotone di esecuzione. Con l’intercessione di diverse persone, l’uomo venne rilasciato, in cambio però del figlio maggiore, di 17 anni.
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Da quel momento fu Piero Corte a sostituire il padre nel recapitare i documenti che arrivavano dalla Svizzera, portandoli da Alagna a Valduggia. La sua attività serviva per tenere i collegamenti tra il comando alleato e i partigiani di Valsesia e Ossola: «Avevo provato tanta paura davanti al plotone di esecuzione, ma non ne avevo quando portavo i documenti». Sino alla Liberazione: «Il 25 Aprile fu un giorno stupendo – ricordava ancora Corte -, vedevo nazisti e fascisti scappare, ed entrare in città i partigiani con mio padre e i comandanti partigiani, e la gente felice».
Lasciata la Valsesia, Corte si era trasferito a Monterosso dove coltivava un vigneto a picco sul mare.

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