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Staffetta partigiana in Valsesia ad appena 11 anni, Piero Corte si racconta ad “Altre storie”

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La storia del valsesiano Piero Corte al centro di un episodio del podcast “Altre storie”, disponibile su Spotify.

Piero Corte si racconta ad “Altre storie”

Nei giorni scorsi giornalista Mario Calabresi ha intervistato il valsesiano Piero Corte, staffetta partigiana a soli 11 anni. Ora la sua testimonianza è una delle ultime e più importanti della Resistenza.

Nato a Borgosesia nel 1933 e cresciuto a Varallo, Corte ha registrato una puntata per il programma “Altre Storie”, disponibile su Spotify, nella quale racconta gli episodi che dovette affrontare negli anni della Resistenza.

Staffetta per difendere il papà

Nell’episodio Corte racconta il giorno in cui si ritrovò in un’osteria per ritirare dei documenti che dovevano essere consegnati al comandante Cino Moscatelli, proprio in quell’occasione (aveva appena 11 anni) venne caricato su una vettura di un commando tedesco.

«Mi hanno preso in piazza a Varallo e mi hanno detto di portarli dove si nascondeva mio papà (Giovanni Battista, detto “Tita”, partigiano, ndr) – racconta al conduttore –. Io li accompagnai in un’altra osteria, diversa da quella in cui sapevo fosse mio padre. Speravo in cuor mio che, ingannando gli uomini armati, mio padre avesse il tempo di scappare. Li ho condotti in tre posti diversi, e ovviamente mio padre non era in nessuno di questi. Alla fine mi hanno spaventato e li ho condotti nell’osteria giusta. Purtroppo mio padre non se n’era andato: qualche giorno prima aveva saputo che a Borgosesia un ragazzo di 14 anni era stato ucciso perché aveva portato pane ai partigiani. E così “Tita”, per paura che i tedeschi mi facessero del male, è rimasto ad aspettarli».

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Il fratello mandato in Veneto

Il padre, Giovanni Battista, venne interrogato per quindici giorni, al termine dei quali fu per lui disposta la fucilazione. Appena saputa la notizia, il bambino andò a riferirla alla madre, che decise di seguire il corteo dei condannati a morte insieme a tutti i suoi figli.

Intervenne il prevosto che fece da intermediario tra i componenti del commando, liberando Tita. In cambio però gli uomini armati presero il fratello di Piero, 17enne, e lo spedirono in Veneto nei campi minati.

«Per non correre ulteriori rischi, mio padre usava me come staffetta – conclude Corte –. Mio papà, con canna da pesca e zaino, camminava con me di paese in paese e io portavo i documenti dei partigiani. Di solito ci fermavamo poi a Valduggia, in un rifugio. Mi piaceva stare con i partigiani e, anche se la paura era tanta, mi sentivo importante».

Il giorno più bello della mia vita

Settantasette anni fa, la Liberazione. «Mi ricordo il 25 aprile, con mio padre che arriva con gli altri comandanti partigiani. È stato il giorno più bello della mia vita: il 25 aprile era un sogno».

Chi volesse seguire interamente la storia di Piero Corte può recuperarla su Spotify, nel link pubblicato in questo articolo, poco più su.

La storia di Corte è stata anche inserita nel “Memoriale della Resistenza italiana” di Noi Partigiani, progetto dell’Anpi che raccoglie testimonianze dei protagonisti della Resistenza.

Crediti foto: Twitter – account di Mario Calabresi.

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