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Per 15 anni il sogno di Antonio Barioglio è diventato realtà a Trivero: l’ultima lettera prima di chiudere

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Per 15 anni ha portato avanti un innovativo progetto di volontariato che fu uno dei sogni di Antonio Barioglio: l’associazione che porta il suo nome chiuderà ora i battenti.

Per 15 anni si sono occupati degli altri

Quindici anni fa si sono messi in gioco con coraggio e grande buona volontà. A fine giugno l’associazione Antonio Barioglio chiuderà i battenti. Nata per portare a domicilio una serie di servizi sanitari gratuiti, ha poi dovuto arrendersi a causa dei costi diventati insostenibili. Dalla fondatrice Emanuela Zanotti riceviamo e pubblichiamo una lunga lettera che ripercorre la vita dell’associazione, la sua filosofia, l’impegno delle persone che l’hanno supportata. «Quando morì Antonio ricevetti diverse donazioni da amici, conoscenti, parenti, qualche migliaio di euro e subito pensai che bisognasse iniziare un percorso di assistenza domiciliare rivolto alle persone anziane più fragili del nostro comune, affinché potessero rimanere a casa il più a lungo possibile e beneficiare dell’affetto della famiglia, grande guaritrice. Il sogno di Antonio.
Chiesi aiuto a quelli che erano stati vicini alla nostra storia e che sapevo sensibili riguardo al mondo della vecchiaia con tutte le sue sfaccettature e, raggiunto una cifra significativa, grazie alla generosità di enti, fondazioni e privati, fondiamo l’associazione Antonio Barioglio. Era la fine del 2007».

Gli esordi

«Bisognava partire conoscendo in modo approfondito la situazione perchè era una grande responsabilità lavorare con le persone. Con l’aiuto di una professionista si fece quindi un sondaggio sulla situazione della popolazione anziana che mi permise così, insieme ai miei figli, di studiare quali interventi apportare e in che modo. Consultando poi il direttivo, fatto di persone autentiche e fantastiche, che voglio ringraziare per tutto il supporto che ha dato con passione e affetto, si decide di assumere una persona qualificata che inizi ad occuparsi dei casi che ci vengono segnalati anche dai Servizi Territoriali del Cissabo, con cui avremo per tutti gli anni a venire una collaborazione costante e produttiva.
Interpellai Alessandra, ex alunna ai corsi OSS, che con tutta la passione possibile, pur essendo già impegnata in altro lavoro sicuro, mi dice: sì, che si butterà in questa avventura, nonostante fosse tutto assolutamente precario. Dio la benedica. Così con l’inizio del 2009 iniziamo a seguire le famiglie con anziani fragili, si tratta di patologie molto diverse: demenze senili, Alzheimer, esiti da ictus, malattie invalidanti, ma anche solitudine e solitudine, quella malattia sorda e poco riconosciuta ma che fa tanto male.
Si iniziò con una operatrice e 18 anziani, poi arrivarono Inna, Susanna, Piera ed Elisabetta perché le richieste delle famiglie erano diventate più di 50. Le chiamavano “angeli” e lo sono state davvero.
Entravano nelle case alle 7 del mattino e ne uscivano a sera, provvedevano ai bisogni essenziali della persona, ma erano anche di supporto alla famiglia per pratiche amministrative, consigli di gestione dell’ammalato, conforto e compagnia, collaborando sempre con la rete sociale di territorio, amministrazione comunale, medici di base, farmacie, parrocchie, associazioni, perché non si lavora mai da soli».

La rete

«Antonio diceva sempre che bisognava avere una rete a maglie strette di sostegno che permettesse che eventuali cadute non causassero gravi danni.
E quella rete siamo tutti noi, siamo il mondo amicale, i vicini di casa, le istituzioni di territorio, che non voltano la faccia di fronte al bisogno. Lungo la strada bellissima e tortuosa abbiamo incontrato tristezze, drammi, felicità, riconoscenza, gratitudine, tanto amore e un continuo insegnamento a migliorarci.
Nel 2015, si venne piano piano a conoscenza di un mondo nascosto e poco riconosciuto: il mondo dell’infanzia. Famiglie con bimbi affetti da gravi patologie che faticano a gestire il quotidiano.
Non si può fingere di non sapere, di non avere visto. Mesi di ricerca di informazioni, incontri con le educatrici del Cissabo, con la neuropsicologia infantile di Cossato, corsi di formazione adeguati, e si inizia una nuova avventura. Elisabetta si occuperà del Progetto Pollicino.
Un mondo nuovo, un lavoro nuovo, una figura professionale che non esiste, che ci siamo inventati sempre di supporto ai Servizi Istituzionali, per non fare errori, per essere davvero di aiuto. Si va avanti così per tre anni, due/tre operatrici al domiciliare per persone anziane, una al progetto per infanzia».

Le difficoltà

«Eravamo pieni di energia, consapevoli di un lavoro edificante, sempre convinti che gli interventi dovevano continuare ad essere gratuiti, perchè questo è volontariato, ma le entrate si affievoliscono, le spese del personale sono troppe e ci vediamo costretti a chiudere.
L’associazione Girotondo ci viene incontro economicamente e ci permette di continuare il Progetto Pollicino. Dobbiamo rinunciare all’assistenza domiciliare agli anziani. E’ stato un momento difficile, tristissimo, ancora oggi mi chiedo se non potevo fare di più, o diversamente o chissà… e di questo mi scuso.
Il Progetto Pollicino si occupa di due servizi: scuola e famiglia. La mission è: Supporto alla famiglia. A scuola il lavoro è di supporto alle insegnanti per seguire bimbi con più difficoltà. Simona per qualche tempo si è unita a noi in questo percorso e abbiamo così potuto aumentare il numero di bimbi seguiti. Nel pomeriggio Elisabetta fa da supporto alla famiglia, ma soprattutto alle mamme, le aiuta nella gestione del bambino, le sorregge nei momenti di crisi, di difficoltà, si occupa fisicamente del bambino e permette alla mamma di riposarsi, accompagna i bimbi alle varie visite specialistiche, si confronta con le altre figure professionali, partecipando alle riunioni tenute dalla Neuropsichiatria, si inventa interventi creativi e si accompagna a gruppi di assistenza ricreativi e sportivi.
Alcuni bambini seguiti dal gruppo Sportivamente, hanno potuto settimanalmente fare sport e due di loro hanno partecipato agli Special Olympics di Torino tenutasi proprio in questo mese, con grandi soddisfazioni».

I ringraziamenti

«A fine giugno l’associazione Antonio Barioglio chiuderà definitivamente dopo 15 anni. Grazie, grazie a tutti quelli che ci hanno aperto la porta della loro casa, non li dimenticheremo mai, grazie ai benefattori: l’amministrazione Comunale che ci è sempre stata vicina, la Fondazione Zegna, Il Girotondo che porterà avanti una parte del nostro progetto, lo Studio Bianchetto che ci ha supportato gratuitamente nelle pratiche amministrative , le “Amiche del Giovedì”, sei splendide donne che hanno cucito, spesso fino a sera tardi, preziosi manufatti che hanno lasciato un segno non solo economico, un segno di amore.
Grazie al Servizio Infermieristico della ASL, con le infermiere di territorio abbiamo avuto la massima collaborazione e supporto, il Cissabo, La Neuropsichiatria Infantile, i medici di base, i farmacisti, le parrocchie, gli abitanti del nostro comune, gente sensibile e buona. Grazie a tutti i collaboratori, i soci, i volontari, l’associazione Delfino.
Un immenso grazie alle operatrici Alessandra, Inna, Susanna, Piera, Simona, Elisabetta. Niente in questi anni sarebbe potuta accadere senza di loro. La loro passione, la loro professionalità, l’amore che hanno portato nelle case delle persone assistite, hanno fatto questo miracolo durato 15 anni. Elisabetta va in pensione. Ha fatto un lavoro straordinario, disponibile attenta, con la testa dura, ha saputo affrontare e superare difficoltà ed ostacoli, nella convinzione che la solidarietà farà un mondo migliore. Che tutto l’amore dato vi ritorni.
L’associazione chiude con serenità, la musica è finita, gli echi rimangono».

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