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Quando il gioco rovina la vita: in Valsesia 81 cittadini seguiti dall’Asl

A fare il punto della situazione è il direttore del Serd, dottor Vincenzo Amenta.

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Quando il gioco rovina la vita: in Valsesia 81 cittadini seguiti dall’Asl. In Valsesia sono 81 le persone seguite dal Serd di Borgosesia, tra loro soprattutto giovani di 18 o 19 anni, e over 65. Si può uscire? Si, ma con determinazione e con un giusto supporto.

Quando il gioco rovina la vita: una situazione difficile

A parlarne è il dottor Vincenzo Amenta, direttore del Serd dell’Asl di Vercelli.

Sono aumentati negli anni i casi di persone che finiscono nella rete del gioco patologico in Valsesia?

La sempre crescente espansione del mercato del gioco d’azzardo ha generato una serie di effetti collaterali indesiderati. L’aumento della prevalenza di giocatori problematici o compulsivi nella popolazione generale di età compresa tra i 15 e i 64 anni, ha spinto il governo a includere tra livelli essenziali di assistenza (LEA) la cura e la riabilitazione delle persone. Un comportamento può, infatti, causare danni considerevoli non solo alla salute dei singoli individui ma anche al benessere delle loro famiglie.

Quali sono i numeri in Valsesia?

In Valsesia il fenomeno del Gap (Gioco Azzardo Patologico) ha fatto registrare un incremento progressivamente crescente negli anni e, attualmente, al Ser.D. di Borgosesia risultano in carico 81 giocatori patologici (67 uomini e 14 donne). Al Ser.D. di Vercelli, solo negli ultimi due anni, sono stati seguiti 98 giocatori patologici (84 uomini e 14 donne).

Quale fascia d’età è la più colpita?

La fascia di età maggiormente interessata dal fenomeno del Gap è la popolazione giovanile di età compresa tra 18-19 anni e over 65 anni. L’età media rappresentativa degli utenti in carico al Ser.D. di Borgosesia è compresa tra 48-52 anni.
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Quali sono le motivazioni che portano una persona a giocare sempre di più? Ci sono fattori economici alla base?

La proliferazione di sempre nuovi giochi, del numero delle sale da gioco, la disponibilità di macchinette da gioco nei locali pubblici (bar, tabaccherie etc.) e soprattutto il diffondersi del gioco on line, se da un lato ha favorito la “raccolta” da gioco d’azzardo, dall’altro ha certamente contribuito anche all’aumento del numero dei giocatori problematici. Il governo, per fronteggiare tale situazione, ha pianificato varie forme di progressiva ricollocazione degli apparecchi di gioco per assicurare la lontananza degli stessi dai luoghi sensibili (scuole, ospedali, strutture sanitarie, Rsa).

Come si manifesta la patologia da gioco d’azzardo?

Il disturbo da gioco d’azzardo è un disturbo psico-comportamentale ricorrente che si manifesta con il bisogno persistente e incontrollabile di giocare, senza riuscire a fermarsi. Il giocatore compulsivo o patologico, solitamente progredisce dal gioco occasionale al gioco abituale e continuativo. Il gioco d’azzardo si trasforma in malattia quando assume un ruolo di eccessiva rilevanza nella vita quotidiana, causando difficoltà economiche, sociali, personali e familiari, per reperire il denaro necessario al gioco. Le persone giocano d’azzardo nella speranza di un guadagno facile, di dare una svolta alla propria esistenza, ma soprattutto per sperimentare le forti emozioni che vengono percepite come estremamente gratificanti e stimolanti.

Come si esce da questa situazione?

Sia i giocatori patologici che i loro familiari necessitano di adeguato orientamento e sostegno da parte di operatori qualificati dei servizi specialistici territoriali afferenti al dipartimento di patologia delle dipendenze. i soli in grado di fornire loro un rigoroso approccio terapeutico multidisciplinare integrato in grado di dare risposte efficaci alle problematiche multifattoriali generate dal giocatore patologico. Esistono anche gruppi di auto-mutuo aiuto a cui rivolgersi o, in alternativa, si possono intraprendere percorsi riabilitatitivi di tipo residenziale presso comunità terapeutiche apposite. Il giocatore compulsivo da solo difficilmente ce la fa e va accompagnato ed affiancato dai familiari e da operatori di riferimento dei servizi specialistici.

 

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