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Roasio ricorda la partigiana “Mimma” che fuggì dal carcere

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Roasio ricorda Mimma: la staffetta partigiana avrebbe compiuto cent’anni fra pochi mesi.

Roasio ricorda Mimma

Si spegne una delle testimoni dirette della Resistenza in Valsesia. E’ morta a 99 anni Annita Bonardo, per tutti “Mimma”, partigiana della Brigata Garibaldi e coordinatrice dei “Gruppi di Difesa delle Donne e aiuto ai Combattenti della Libertà” durante l’occupazione. Nata nel 1920, avrebbe tagliato il traguardo del secolo di vita tra qualche mese. Entrò in clandestinità dopo aver organizzato uno sciopero di operaie che consentì di salvare la vita ad alcuni giovani renitenti alla leva catturati dai fascisti e destinati a essere fucilati. Riuscì a scappare dal carcere a Torino, si rifugiò a Roasio, in un ospizio gestito dalle suore e infine, agli ordini di Cino Moscatelli, comandante della “Brigata Garibaldi” della Valsesia, si occupò fino alla Liberazione del coordinamento dei “Gruppi di Difesa delle Donne e l’aiuto ai Combattenti della Libertà”.

L’ultima partigiana

A causa del Coronavirus non hanno potuto dirle addio né cantare per lei un “Bella ciao” di saluto, ma i tanti amici che hanno voluto bene a Mimma Bonardo non potranno mai dimenticare una vercellese schietta e coraggiosa che, fino agli ultimi giorni della sua lunga vita, è stata una voce forte dalla parte delle donne e dei più deboli.
Era l’ultima delle partigiane vercellesi testimoni e protagoniste della guerra di Liberazione.

L’impegno antifascista

Da alcuni anni viveva in Casa di Riposo, dove aveva portato la medaglia partigiana – che indossava ogni 25 Aprile – la bandiera Arcobaleno, le foto di Emergency, qualche libro e i ricordi di una vita straordinaria. Era nata nel 1920, in una famiglia antifascista – il padre era un abile argentiere che non volle prendere la tessera del Fascio – e lei fin dall’inizio dell’occupazione si era dedicata ad attività di propaganda antifascista e di coordinamento tra le donne che, proprio in quegli anni, erano entrate in fabbrica e negli uffici per lavorare al posto dei mariti in guerra.

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