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Un albero caduto distrugge l’ultima cascina dell’Oro a Coggiola

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Frassino rade al suolo l’ultima delle “cascine dell’Oro”. «Boschi ormai all’abbandono, questi sono i risultati». La segnalazione partita da Enrico Covolo, che ha alcune coltivazioni in zona: «Le piante crescono troppo e diventano fragili».

Un albero caduto distrugge l’ultima cascina dell’Oro a Coggiola

Un grande frassino è caduto e ha distrutto l’ultima cascina all’Or di Coggiola. A postare l’accaduto sui social è stato Enrico Covolo, che ha i terreni con le sue coltivazioni di zafferano e rose adiacenti alla zona nei pressi di frazione Villa, e che conosce la storia di questo luogo e della cascina che era ancora in uso fino circa quattro anni fa.

«La cascina, il cui tetto è stato abbattuto qualche anno fa – spiega Covolo – è stata rasa al suolo per metà dalla caduta di un frassino enorme. Cadendo ha scalzato altre piante le cui chiome sono arrivate quasi fino alla strada che conduce a Piletta. Si trattava dell’ultima cascina rimasta che faceva parte di un nucleo già censito nel ‘700 con il nome “cascine dell’Oro”. Mi è spiaciuto davvero tanto perché era comunque un pezzo di storia del paese che se ne è andato. Da quanto mi è stato raccontato, gli altri piccoli edifici, di cui rimangono i muri perimetrali, erano utilizzati come depositi di foglie. Avevano i tetti a punta con coperture vegetali».

La cascina ora rasa al suolo era utilizzata, anni fa, per il ricovero degli animali. «Ricordo – continua Covolo – che per parecchi anni l’Oscar “Moe” l’ha usata per le sue capre: con lui, io e mio papà facevamo il baratto letame fieno che portavamo con il ciuvè fino al Truc, dove lo usavamo nei prati o negli orti, poi è arrivato il trattorino, che ha alleviato non poco la fatica. Si tratta di un edificio che ha una lunga storia: infatti sulla porta di ingresso della cascina è ancora visibile la data 1873».

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Il coggiolese ha avvisato i responsabili del tracciato di mountain bike dell’accaduto per evitare incidenti ai biker che percorrono i sentieri. «Ora il percorso è pericoloso – conclude Covolo – purtroppo altri tracciati lo sono. I nostri boschi erano un tempo frutteti di castagni, che sono poi stati abbattuti quando è stata abbandonata la coltura, un centinaio di anni fa, per poi utilizzare il legno in vari modi. Le piante sono quindi cresciute come cedui che, cercando la luce si sono elevate troppo perdendo il loro baricentro, ci sono poi state malattie come la cinipide del castagno. Mi spiace che i boschi siano lasciati al degrado, ma l’agricoltura di montagna è stata lasciata per l’industria tessile, per il lavoro in fabbrica che ha dato ricchezza a tante generazioni delle nostre valli. Ora le aziende hanno chiuso e i nostri paesi sono all’abbandono, non c’è agricoltura, non ci sono industrie. L’età media delle persone è alta e quindi chiaramente non possono occuparsi di sistemare questi terreni. È triste».

Nelle foto realizzate da Enrico Covolo si vede bene la cascina abbattuta da un frassino

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