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Varallo pensione per il prof Bonola, storico insegnante di filosofia
Varallo pensione per Massimo Bonola: il docente di storia e filosofia entrò al liceo classico di Varallo come studente e vi insegnò poi per trent’anni.
Varallo pensione per il prof Bonola
Una figura ormai storica all’interno del liceo: «Ho sempre pensato che essere entrato al D’Adda abbia segnato il mio destino». Massimo Bonola ha varcato per la prima volta la soglia del liceo classico di Varallo da studente cinquant’anni fa, nell’ottobre del 1971, ed è uscito per l’ultima volta da professore a settembre di quest’anno. Il docente di storia e filosofia è andato in pensione dopo una vita passata tra i banchi della scuola superiore. La stessa dove, quando era un adolescente, conobbe anche sua moglie.
«Credo di essere un record in questo settore, perché dei miei colleghi non c’è nessuno che sia stato nello stesso istituto così a lungo», dice Massimo Bonola.
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Un incontro speciale
Lui ci scherza sopra definendosi un “ergastolano al D’Adda”, avendoci insegnato per trent’anni, ma nei suoi occhi si legge l’amore per quella scuola che è stata la sua vita, prima da studente poi da insegnante. Lì incontrò la madre dei suoi due figli, che negli anni Settanta era una sua compagna di classe: «Se non avessi frequentato il liceo qui, non l’avrei mai incontrata», dice Bonola. Essendo originario di Gattinara, infatti, avrebbe potuto iscriversi alle superiori di Vercelli o di Biella, ma scelse Varallo, complice anche la sua passione per la montagna. La stessa passione che avrebbe dettato altre sue decisioni future. «Nell’anno scolastico 1996-1997 fui preside incaricato e avrei potuto sostenere il concorso per ricoprire sempre questo ruolo, però non lo feci. Sarei potuto finire chissà dove in Piemonte, mentre io avevo scelto di vivere in questa valle. I luoghi sono importanti nella vita: come conta ciò che sei e ciò che diventi, conta anche dove vivi- spiega-. Fare il preside, inoltre, non mi piaceva. Preferivo insegnare le materie che mi piacciono».
A Varallo
Quella non fu l’unica occasione in cui Massimo Bonola non volle andare via da Varallo, sua patria d’adozione: «Inizialmente vinsi il concorso da insegnante a Pinerolo, ma rinunciai, rifeci il concorso e lo vinsi ancora. Agli inizi degli anni Novanta, poi, mi proposero un lavoro in una casa editrice, però mi sarei dovuto trasferire a Genova e avrei dovuto trascorrere molti periodi all’estero, quindi rifiutai. Nel frattempo, erano nati i miei due figli e non volevo lasciare mia moglie a casa da sola dal lunedì al venerdì con dei bambini piccoli. Nella vita bisogna fare delle scelte e insegnare mi piaceva», racconta.
Altre attività
Accanto al lavoro da docente (nella sua carriera ha insegnato anche al liceo di Borgosesia, dal 1981 al 1991, ndr), Massimo Bonola ha portato avanti collaborazioni editoriali come curatore e traduttore del tedesco, lingua appresa all’Università di Torino e durante un anno di studi a Friburgo, in Germania. È stato revisore di testi e si è occupato di diversi libri legati alla Valsesia e alla sua storia. Anche in pensione, non abbandonerà le sue attività culturali: «Ci sono enti che hanno bisogno di volontari, come la Pinacoteca di Varallo, di cui sono consigliere, la Biblioteca Civica e la Società Valsesiana di Cultura- dice il professore-. Inoltre, sto raccogliendo in un volume tutti i miei articoli e saggi pubblicati in varie sedi dal 2000 a oggi riguardanti Alagna e Riva Valdobbia. Si chiamerà “Il Toro di Otro e altri scritti su Pietre Gemelle” e uscirà per Natale».
In classe
Gli ultimi due anni del “prof. Bonola” al D’Adda sono stati segnati dalla pandemia, durante la quale ha saputo trovare una nuova complicità con i suoi studenti: «Nell’uragano del covid sono emersi aspetti umani che raramente mi era capitato di vivere come in questo trauma collettivo», rivela. E, nonostante il finale di carriera “pandemico”, Massimo Bonola ha un ricordo positivo degli anni al D’Adda: «Ho avuto classi difficili, ma anche colleghi e alunni eccezionali, dai quali ho sempre ricevuto tanto- ammette-. Al concorso per la cattedra di filosofia mi chiesero di commentare un passo di Plotino, ma per insegnare non basta imparare delle nozioni. Serve empatia. A volte avrei preferito che mi spiegassero come funziona la testa di un adolescente. Insegnare è un lavoro di relazioni umane».
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