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Vi racconto a Kiev come si vive davvero. La missione di Piero, volontario Cri Gattinara | LE FOTO

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Vi racconto a Kiev come si vive davvero. La missione di Piero, volontario Cri Gattinara.  Per la prima volta un volontario della Croce Rossa di Gattinara arriva sino a Kiev con un tir per portare aiuti umanitari. Dopo quindici giorni di missione, Piero Concas racconta la sua esperienza.

Vi racconto a Kiev come si vive davvero. La missione di Piero, volontario Cri Gattinara

Ecco le foto

Ed emerge una realtà che per certi versi è diversa da ciò che i media nazionali e internazionali diffondono quotidianamente.

Autista di professione in una azienda di Prato Sesia, 56 anni di cui 12 in Croce Rossa, è stato quindi “arruolato” tra i camionisti alla guida dei convogli umanitari. Ha raggiunto in aereo un paese ungherese al confine con l’Ucraina, ed in seguito è salito su un bilico. «Per ogni tir c’erano due autisti che si alternavano alla guida – spiega -. Facevamo da spola dal centro logistico ungherese che si trova a 120 chilometri dall’Ucraina sino ai magazzini centrali di Kiev. Il percorso era a tappe: ci fermavamo circa ogni 500/600 chilometri in postazioni prefissate. Tra coprifuoco e limitazioni di orari, ci sono voluti quasi tre giorni per arrivare nel cuore del paese coinvolto dalla guerra. Portavamo cibo, ma anche lettini da posizionare nei campi-tenda per i profughi e kit igienici».

Sette ore fermi al confine

Il viaggio dall’Ungheria all’Ucraina non è stato semplice. «Le fermate nelle diverse dogane ci hanno fatto perdere tempo – prosegue -. Siamo stati sottoposti a controlli stretti: sul confine tra Ungheria e Ucraina siamo stati fermi persino sette ore. Gli addetti alla sicurezza hanno ispezionato il carico ma anche la cabina, chiedendoci dettagli sulle scatole che trasportavamo e gli oggetti che portavamo con noi. Sono stati anche utilizzati raggi x e metal detector per verificare tutto. E’ stato molto difficile comunicare perché gli ungheresi non parlavano l’inglese. Abbiamo cercato di farci capire utilizzando qualche applicazione di traduttore sul cellulare ma è stato complesso. Controlli serrati sono stati fatti peraltro anche in Ucraina». Le strade hanno dato “filo da torcere” agli autisti. «L’autostrada c’è solo nei pressi di Kiev, altrove le vie di comunicazioni presentano non poche criticità – evidenzia -. C’erano molti saliscendi e viaggiando con un bilico non è stata una passeggiata».

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L’App che segnala i bombardamenti

Concas ha quindi toccato con mano il clima che si sta vivendo in Ucraina. «Si vede una forte concentrazione di donne e questo è legato al fatto che gli uomini sono al fronte a combattere. Ci sono segni lasciati da bombardamenti ma la vita continua – mette in luce -. Arrivati in questo paese, ci è stato chiesto di scaricare una applicazione che segnala pericoli imminenti dati da bombardamenti e missili. Quando si sentiva la sirena era necessario rifugiarsi negli spazi adeguati disposti nelle strutture ricettive che ci accoglievano. Anche io ho vissuto questa esperienza davvero particolare. Dopo qualche minuto di attesa, si usciva dai rifugi e si tornava alla quotidianità». Tra l’altro ad una certa ora, nessuno poteva più muoversi fuori dalle proprie abitazioni e strutture alberghiere. «Dalle 22 alle 6 c’è il coprifuoco, noi come autisti non potevamo più girare con i mezzi dalle 18 – prosegue -. E anche questo è stato un aspetto che ha allungato i tempi del viaggio».

Un museo al centro di Kiev

Molteplici sono i ricordi rimasti impressi nel cuore di Concas. «E’ stata una esperienza bellissima, che mi ha arricchito e mi ha fatto riflettere, ringrazio la Croce Rossa per avermi permesso di offrire un contributo solidale – sottolinea -. Ho avuto modo di collaborare con molti volontari e ho ricevuto tanta riconoscenza da parte di cittadini ucraini, che mi hanno ripagato delle fatiche del viaggio. A Kiev sono rimasto colpito da un aspetto che mai avrei immaginato di trovare in un Paese devastato dalla guerra». Nella piazza principale della capitale è stato allestito una sorta di museo a cielo aperto. «C’erano carri armati russi distrutti nei combattimenti – conclude -. E ciò che mi ha colpito è stato vedere persone che salivano su questi veicoli, facevano fotografie, in segno forse di vittoria. E’ un’azione un po’ macabra, se si pensa che poche settimane prima su quei mezzi c’erano giovani che hanno perso la vita. Capisco che gli ucraini vedano i russi come nemici, ma è singolare vedere persone che in nome del patriottismo si fanno la foto sull’artiglieria avversaria».

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