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Cronaca

Truffa auto fantasma: una delle basi era a Gattinara

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Truffa auto fantasma: dodici gli arresti. Una delle basi era a Gattinara.

Truffa auto fantasma: una delle basi era a Gattinara

Vendevano le auto, incassavano ma non le consegnavano. Oppure alteravano i chilometraggi e nascondevano i difetti. Tutto era reso possibile da una rete prestanome, così da non mostrare i profitti che arrivavano dalle auto e soprattutto la loro provenienza.

L’inchiesta di Guardia di finanza e carabinieri del comando di Torino ha portato a 12 arresti in tutto il Piemonte e sequestri di beni per oltre un milione di euro. È stato così possibile smantellare un giro di truffe legate ad auto di grossa cilindrata. L’indagine ha toccato anche la città di Gattinara. I reati contestati sono associazione per delinquere finalizzata alla truffa e al riciclaggio.

Dodici arresti

A Gattinara tra le persone arrestate ci sono Denis Arnesto, 42 anni, socio e amministratore in una delle società coinvolte; Sciaron Breshak, 30 anni (indicato come il “boss”) e sua moglie Sara Nicolini, 27 anni. Arrestati anche Renata Antoniazzi, 62 anni, residente a Borgomanero e Piergiuseppe Peraldo, 57 anni, del Cossatese.

A loro si aggiungono Antonio Balsano di Pinerolo (indicato come l’organizzatore); Renzo Anghelo Burgos Abanto, 28 anni, di Torino; Andrea Ferrario, 44 anni, di Ternate (Varese); Alex Paolella, 29 anni, di San Secondo di Pinerolo (Torino); Gabriele Scorrano, 35 anni, di Torino; Vincenzo Miani, 30 anni, di Torino; e Igor Halilovic, 29 anni, di Torino.

Associazione a delinquere

La banda operava in due modi differenti. In alcuni casi, si avvaleva di imprese operanti nel commercio di autovetture e pubblicava su internet avvisi di vendita di automobili di grossa cilindrata. A trattativa conclusa, però, gli uomini incassavano il denaro, ma non consegnavano la vettura. In altri casi invece modificavano la vettura riducendo il chilometraggio e coprendo i difetti del mezzo. Così facendo potevano richiedere una cifra maggiore al compratore rispetto al valore reale dell’automobile venduta.

I militari avrebbero inoltre accertato che la banda si avvaleva di una rete di prestanome. Il loro obiettivo in questo caso era quello di nascondere il denaro guadagnato in modo illeciti.

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