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Allarme dei rubinettai: in Europa siamo gli unici a essere chiusi

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Allarme dei rubinettai: in Europa siamo gli unici a essere chiusi. Potrebbe andare in fumo un settore che fattura circa 9 miliardi di euro, di cui il 65 per cento derivante dall’export e che dà lavoro ad almeno 65mila persone, indotto compreso.

Allarme dei rubinettai: in Europa siamo gli unici a essere chiusi

Per questo l’altro giorno Gianni Filippa (presidente di Confindustria Novara Vercelli Valsesia), Ugo Pettinaroli (presidente dell’associazione nazionale dei costruttori di valvole e rubinetteria) e Giuseppe Pasini (numero uno dell’associazione industriale bresciana), hanno scritto una lettera al capo del Governo Giuseppe Conte, al presidente del Comitato degli esperti Vittorio Colao, e ad Attilio Fontana e Alberto Cirio, i governatori di Lombardia e Piemonte. Il messaggio è forte e chiaro: «Aiutateci a ripartire prima possibile».

«Il distretto di Valsesia e Cusio, insieme a quello bresciano – dichiara Filippa – è il più importante al mondo nel settore della rubinetteria. L’avvento e il successo delle fabbriche ha portato benessere e ricchezza in zone che fino a 60 anni erano poverissime. La salute deve venire prima di tutto, su questo non ci piove, ma è giusto che si sappia che se non possiamo consegnare la merce ai nostri clienti questa ricchezza rischiamo seriamente di vederla svanire, con conseguenze pesanti per l’occupazione e per l’indotto. Se si perdono clienti poi diventa difficile, se non impossibile, riconquistarli. Dobbiamo essere coscienti di questo e si vuole evitare il tracollo bisogna ripartire, ben sapendo che il 4 maggio il virus non sparirà, ma che con il virus dovremo convivere, prendendo tutte le precauzioni del caso

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«Il consiglio direttivo del Ceir, che riunisce oltre 300 aziende aderenti a 13 associazioni nazionali, con circa 50mila dipendenti – si legge nelle missiva – ha rilevato che tutte le principali imprese del settore in Europa sono operative al 100 per cento e che la maggior parte di queste (fatta eccezione per le italiane) non ha mai chiuso, avendo implementato le misure di sicurezza senza fermare gli impianti durante la pandemia. Riteniamo che sia indispensabile, quindi, una intelligente e lungimirante visione d’insieme, che consenta, difendendo la salute dei nostri collaboratori, che sono un vero e proprio “patrimonio” e di cui abbiamo sempre avuto la massima cura, ma anche il loro lavoro, che è e sarà ragione di vita anche per le future generazioni dei nostri territori, di far ripartire immediatamente le nostre fabbriche. Siamo certi di avere al nostro fianco le rappresentanze sindacali, che nella maggioranza dei casi stanno promuovendo insieme a noi una ripartenza in sicurezza».

«Molte nostre imprese – spiegano Pettinaroli, Filippa e Pasini – hanno investito moltissimo, negli ultimi anni, in tecnologie e impianti che ci consentono di essere all’avanguardia, ma la nostra competitività rischia di essere irreparabilmente compromessa se continuerà il lockdown. Oggi con una produzione che non supera il 10 per cento della sua capacità siamo di fatto fermi, e questo sta portando al collasso non soltanto le nostre aziende, ma il tessuto sociale nel quale sono inserite, con tutte le conseguenze, in alcuni casi davvero inimmaginabili, che ciò può comportare. Dobbiamo ricominciare a produrre reddito – concludono gli imprenditori -, perché non si può vivere soltanto di debito e perché le aziende nostre concorrenti, in Europa come nel mondo, ci stanno portando via, ogni giorno, decine di clienti e di opportunità. Siamo allo stremo, ma possiamo ancora farcela perché siamo abituati a non arrenderci e a guardare con fiducia al futuro. Ora, però, per superare questa sfida è indispensabile il vostro immediato e concreto aiuto».

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