Attualità
Buono pasto anche in smart working: facciamo chiarezza
Dibattito aperto: coloro che lavorano in smart working hanno diritto a questo benefit?
Nel corso della pandemia lo smart working, il cosiddetto lavoro agile o da remoto, è stato una modalità di lavoro molto diffusa tra le varie aziende.
A causa delle varie restrizioni, o per evitare il più possibile i contatti fisici tra persone, i dipendenti lavoravano direttamente da casa svolgendo su pc tutte le loro mansioni.
Una modalità che piace tanto ai dipendenti quanto alle aziende. I primi risparmiano un bel po’ in termini di tempo e di denaro, poiché non ci sono spese da sostenere per i biglietti dei mezzi di trasporto o per il carburante nell’auto necessari per raggiungere fisicamente il posto di lavoro. Le seconde a loro volta possono tagliare un bel po’ di costi per quanto riguarda le utenze aziendali. Meno personale in ufficio significa meno spreco di acqua, luce, elettricità e altro ancora.
Proprio per questo motivo la modalità di smart working è proseguita in diverse aziende anche dopo la fine del lockdown.
Cambiano non solo le modalità di lavoro, ma anche la fruibilità di alcuni servizi aziendali come la mensa. E su questo argomento c’è un dibattito aperto: coloro che lavorano in smart working hanno diritto ai buoni pasto?
Per rispondere a questa domanda è opportuno prima conoscere meglio il buono pasto, che le aziende concedono ai dipendenti che hanno un rapporto di lavoro subordinato.
Il buono pasto rappresenta una valida alternativa alla mensa ed è spendibile nei bar, nei ristoranti e nelle pizzerie convenzionate, oppure per fare la spesa nei supermercati. Questo strumento nasce quindi come alternativa alla mensa aziendale, o come sostituzione di essa qualora non fosse presente.
I dipendenti
Il discorso cambia quando si tratta di dipendenti che operano in smart working e la questione per certi versi è ancora molto dibattuta. Nelle righe seguenti facciamo un’analisi complessiva della situazione ma, considerata la complessità dell’argomento, è consigliabile leggere l’articolo di approfondimento che spiega nei minimi dettagli chi ha diritto ai buoni pasto.
In linea di massima le aziende e le imprese non sarebbero tenute ad erogare il buono pasto ai collaboratori che operano in smart working, poiché non fa parte della retribuzione ma è un benefit concesso dal datore di lavoro.
La situazione cambia se l’erogazione dei buoni pasti è espressamente prevista da contratti collettivi nazionali di lavoro o da accordi specifici interni.
Sono state emanate molte sentenze sull’argomento, sulla quale è intervenuta anche l’Agenzia delle Entrate, la quale ha spiegato che il buono pasto, entro certi limiti, non concorre alla retribuzione e quindi neanche alla formazione del reddito del dipendente, rientrando nella tassazione agevolata.
Al di là delle questioni amministrative, legali e burocratiche il buono pasto è comunque uno strumento utilissimo per il dipendente e per la stessa azienda.
Il dipendente, fruendo del buono pasto, non va ad incidere sulla sua retribuzione e si gode il suo pranzo preferito, risultando più soddisfatto e reattivo sul lavoro.
L’azienda soddisfa le esigenze gastronomiche dei suoi dipendenti, che sono più sereni e risultano più fidelizzati a beneficio della produttività aziendale.
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