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«Giorgio Taddia, addio a un artista umile e generoso»

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Il ricordo di Piera Mazzone, direttrice della biblioteca di Varallo

Dalla direttrice della biblioteca di Varallo pubblichiamo un ricordo di Giorgio Taddia.

«Giorgio Taddia abitava e lavorava a Crevacuore, partecipava con grande generosità a tutte le manifestazioni culturali, storiche e artistiche del paese: è stato anche scenografo, creando gli sfondi per gli scacchi viventi di Crevacuore e ispirati fondali teatrali per cerimonie religiose. Le comunità di Crevacuore e Postua gli sono debitrici di non pochi interventi artistici. Don Alberto Albertazzi, parroco di Crevacuore, apprezzava in lui l’uomo, l’artista e il cristiano, che si fondevano armoniosamente in un’unica persona solare e generosa che metteva a frutto i suoi talenti, perché l’arte è un dono divino che deve essere giustamente valorizzato.

La notizia della sua improvvisa morte mi ha lasciata attonita e piena di tristezza: mi accorgevo che mi rimanevano tanti ricordi affettuosi e alcuni suoi quadri fioriti. Ho cercato di srotolare con delicatezza il filo sottile della memoria per raccontare quell’uomo schivo e generoso, che offriva la sua amicizia in modo sincero. Con la moglie Piera era un “binomio” eccezionale: si completavano a vicenda e non avevano bisogno di parole per comunicare, la loro vita si prolungava nella figlia Paola, in suo marito e soprattutto nell’adorato nipote Alessandro.

Sabato 23 agosto 2008, a Varallo, a Palazzo D’Adda,Giorgio inaugurò una mostra di pittura e scultura, abbinata alle delicate porcellane di Mariadele Foglia Balmet: esponeva il frutto di oltre venticinque anni di impegno nella pittura e nella scultura. Quella ricca personale mostrava l’evoluzione di un pittore che aveva mantenuto l’umiltà dell’allievo e non esitava a ringraziare il suo maestro, il gattinarese Arturo Gibellino che allora compiva novantotto anni: “Con grande sforzo e poi con grande passione, forza d’animo e di volontà, sotto la guida di un maestro severo ed estremamente critico, ho imparato a sviluppare le mie doti artistiche, per questo voglio ringraziare la persona che ha permesso la mia maturazione artistica: il maestro Arturo Gibellino che ancora oggi segue il mio operato e mi sprona a migliorare”. Nella scuola d’arte di via Pietro Micca a Gattinara non si faceva solo pittura o scultura, ma era un luogo di dibattito e di confronto. Giorgio Taddia per tanti anni ha studiato il disegno per impadronirsi della tecnica e poi ha colmato le linee di colori, ispirandosi al Divisionismo, utilizzando olio, acrilico, pastelli e gessetti colorati. Amava sia il genere del ritratto, che il paesaggio e la natura morta, realizzati con colori vivaci e pastosi, ispirati dalla realtà, ma sfumati da una sensibilità estremamente personale. Accanto alla pittura, come autodidatta, era germogliata la scultura su legno, tradotta in pannelli tridimensionali, altorilievi e bassorilievi carichi di emozione.

Nel 2011, con il nipote Alessandro Foglia, aveva allestito una mostra di pittura e scultura, a Quarona: “Ale batte il nonno”. Giorgio esponeva una serie di paesaggi, perché il suo spirito si esprimeva al meglio nella natura e nella sua perpetua evoluzione. Alessandro attraverso il nonno aveva trovato nell’espressione artistica un modo per comunicare e per entrare in contatto con una realtà più profonda: dipingendo con le dita, con i pennelli e utilizzando la bocca.

Nel settembre 2013, in occasione della festa parrocchiale di Crevacuore, espose alcune sue opere nella mostra allestita al salone polivalente: “Immagini del nostro tempo”, una collettiva con il nipote Alessandro Foglia e con la pittrice Maura Vanzetti. L’anno scorso, sempre nei giorni della festa patronale di Crevacuore, sotto la splendida volta affrescata dal Borsetti di Boccioleto, oggi al terzo piano del centro polivalente, partecipò ad una grande mostra collettiva, organizzata dall’Associazione HobbyArt, con opere ispirate alla natura e alla vita contadina, e con alcune sculture in legno.

Molto altro avrebbe potuto regalarci, svelando quel mondo tanto ricco di spiritualità, che si nutriva di una fede schietta ed autentica, che si manifestava anche attraverso i tanti, semplici e luminosi, volti sacri che uscivano dal suo pennello. Lo immagino riabbracciare l’Arturo: “Maestro ho tante cose da raccontarti, possiamo rimetterci a lavorare insieme”.

Piera Mazzone

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