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Varallo, dopo l’incendio il Comune detta le regole per Palazzo Scarognini
Il palazzo varallese è stato costruito con ogni probabilità nella prima metà del Cinquecento
Dopo l’incendio delle scorse settimane, il Comune di Varallo è sceso in campo dettando nuove regole per chi vive a palazzo Scarognini.
Dalle indagini eseguite dalla locale stazione dei carabinieri era emerso che le fiamme, contenute e domate, erano state appiccate da una donna che avava dato fuoco a un materasso in un vano presente lungo le scale dell’immobile.
Nei giorni scorsi l’amministrazione comunale ha deciso di intervenire con nuove disposizioni per evitare che si possano ripetere episodi di questo genere. «Impiegando i lavoratori del progetto sociale – spiega il sindaco Eraldo Botta – abbiamo tinteggiato il vano scale e ripulito gli spazi comuni, stabilendo nuove regole per gli inquilini: ora tutti le devono rispettare altrimenti verranno sfrattati».
Per chi non rispetterà le norme scatterà lo sfratto: «Ogni inquilino deve avere cura del proprio appartamento e rispettare anche gli spazi comuni – ribadisce il sindaco -. Altrimenti dovrà cercarsi un altro posto. Non siamo più disposti a tollerare comportamenti incivili».
Nell’edificio che si affaccia su piazza Antonini a Varallo vecchio (costruito con ogni probabilità nella prima metà del Cinquecento da Giovanni Antonio Scarognini, la cui figlia Francesca andò in sposa a Giacomo D’Adda, esponente della facoltosa famiglia di origine lombarde) furono ricavati una ventina di alloggi popolari. «La ristrutturazione del palazzo fu eseguita – spiega Botta – una trentina di anni fa da chi allora amministrava Varallo sulla base di una legge che permetteva di fruire di contributi statali per il recupero di immobili pubblici con l’obbligo di destinare una parte di essi a fini di edilizia popolare. Da allora vengono affittati a prezzi molto bassi, l’importo si aggira sui 40-50 euro al mese».
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