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Addio Fabrizio: il suo sorriso spento dalla Sla dopo il Capodanno

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Addio Fabrizio: il suo sorriso spento dalla Sla dopo il Capodanno

Addio Fabrizio: la Sla l’ha strappato ai suoi familiari a soli 62 anni.

Addio Fabrizio

Se n’è andato troppo presto, a soli 62 anni, lasciando un grande vuoto nella comunità. Il primo gennaio, Fabrizio Gilodi non ce l’ha più fatta: il fisico, minato dalla Sla, malattia neurodegenerativa che gli era stata diagnostica nell’estate del 2020, non ha più retto. La notizia della sua morte ha destato profondo cordoglio, l’uomo era molto conosciuto anche per il suo impegno in diverse associazioni.
Gilodi era nato a Cellio il 4 maggio 1959, e ha trascorso la gioventù in frazione Carega. Dopo il matrimonio con Ginetta Dal Brollo, sposata 36 anni fa, la coppia si era trasferita a Borgosesia.
Ma era stato per pochi anni: i coniugi, con la figlia Martina, erano tornati a vivere nella frazione di Cellio con Breia. Fino alla pensione, arrivata nel 2018, l’uomo aveva lavorato alla Zegna Baruffa di Borgosesia come caldaista e addetto agli impianti di condizionamento.

L’impegno amministrativo

Per il suo paese, Gilodi è sempre stato molto presente, in ambito associativo e anche amministrativo: era stato consigliere comunale con delega ad associazioni, manifestazioni e sport, durante il mandato del sindaco Mario Giulini. Era nel gruppo Terrieri di Carega, si occupava della manutenzione dell’acquedotto e delle chiese. «Fabrizio è sempre stato un uomo molto attivo – lo ricorda la moglie -: andava in piscina, faceva camminata in montagna, amava leggere, soprattutto libri gialli, e seguiva il calcio, era un grande tifoso del Torino».
I primi sintomi della malattia li aveva avvertiti un anno e mezzo fa: «Era agosto, e tutto è iniziato con un dolore alle gambe – racconta la moglie -, abbiamo creduto fosse causato da problemi alla schiena di cui soffriva da alcuni anni. Quando al dolore si è aggiunto un senso di fatica nel camminare, allora ha iniziato i vari controlli medici: lastre, tac e risonanza magnetica. Ed è stato così che abbiamo avuto l’odiato referto: la Sla».

La diagnosi

Una malattia che purtroppo non concede speranze: «Inizialmente Fabrizio era arrabbiato, non voleva accettare. Si era documentato, era cosciente che non ci sarebbe stato nulla da fare. Per carattere è sempre stata una persona solare, ottimista, e infatti finché ha potuto ha cercato di affrontare la malattia, di combatterla. Sapeva che non era possibile far nulla, ma nonostante tutto ha cercato di essere forte fino alla fine, soprattutto per me e per nostra figlia Martina. Usciva di casa, andava al bar a trovare gli amici e due volte alla settimana andava in palestra per mantenere la muscolatura degli arti. Quando è stato costretto a utilizzarla, ha accettato senza alcun problema anche la sedia a rotelle perchè così gli era ancora possibile uscire. E l’ha fatto anche la scorsa estate quando siamo potuti andare ancora in vacanza».

La famiglia

Fabrizio Gilodi è stato una forte presenza al fianco della figlia Martina: dopo aver conseguito la laurea in neurobiologia a Pavia, la giovane si è trasferita a Londra per il dottorato: «Ho scelto di proseguire gli studi specializzandomi sulle malattie neurodegenerative, proprio sulla Sla – racconta -, una decisione presa ancor prima che la malattia venisse riscontrata a mio papà».
Fabrizio Gilodi è mancato nel pomeriggio dell’1 gennaio: «La sera precedente – conclude la moglie – ha voluto restare con noi fino a pochi minuti dalla mezzanotte, poi a causa della stanchezza costante ha deciso di andare a letto. Poche ore dopo ci ha lasciato. In questi giorni di dolore, abbiamo incontrato seri professionisti e tante persone che ci sono state vicine: ringraziamo il Centro Cresla dell’ospedale Maggiore di Novara, i dottori Laura Mitta, Marco Rolando e Ilaria Primo, il centro Igea di Carlo Veccia, l’assistente domiciliare Antonella Ottina e tutti gli amici che sono stati vicini a Fabrizio in questo ultimo anno».

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