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Allarme tra gli artigiani piemontesi: esplode la cassa integrazione

«Per la moda si prospetta il terzo anno peggiore addirittura dal 1990».

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Allarme tra gli artigiani piemontesi: esplode la cassa integrazione. «Per la moda si prospetta il terzo anno peggiore addirittura dal 1990».

Allarme tra gli artigiani piemontesi: esplode la cassa integrazione

Impennata della cassa integrazione nell’artigianato. Nel primo semestre del 2025 le ore di Cig autorizzate in Piemonte sono infatti aumentate addirittura del 68,4 per cento rispetto allo stesso periodo del 2024. Un dato che da solo fotografa un momento delicato per la manifattura regionale e che, secondo il dossier dell’Associazione artigiani e piccole imprese Mestre (Cgia), colloca il Piemonte al quarto posto nazionale per incremento di ore di cassa, dietro solo a Molise, Basilicata e Abruzzo.

Vercellese e Valsesia tra le aree peggiori

Tra l’altro, a livello provinciale, Vercelli emerge come una delle realtà più in difficoltà: con un +183 per cento di ore di cassa integrazione nel primo semestre, è la settima provincia italiana per incremento. Una crescita che segnala una pressione forte sulle imprese locali, in particolare nei comparti meccanico e tessile, dove la domanda internazionale resta debole e gli ordini scarseggiano.

Anche Novara mostra un aumento, seppure più contenuto: +28,9 per cento, in linea con la media nazionale ma comunque indicativo di un rallentamento nella produzione industriale. Al contrario, Biella rappresenta un’eccezione: con un -3,9 per cento, è una delle poche province italiane in controtendenza, segno che alcune aziende del distretto tessile biellese hanno saputo reggere meglio l’urto del calo della domanda.

“Pesa lo stallo nell’auto”

Il presidente di Confartigianato Imprese Piemonte, Giorgio Felici, sottolinea che il fenomeno non può essere spiegato solo con la congiuntura internazionale: «Soprattutto in Piemonte le imprese artigiane della meccanica stanno subendo gli effetti di un mix velenoso – spiega Felici –. Un mix composto dalla mancata ripresa del commercio internazionale, dalla stretta monetaria che frena gli investimenti, dalla recessione della Germania e dal crollo della produzione automobilistica, zavorrata dalle incertezze della transizione elettrica. Questa miscela di fattori mette a dura prova la resilienza di un comparto chiave del Made in Italy».

Nel complesso, il dossier evidenzia come i comparti auto (+85,8 per cento), metallurgico (+56,7), meccanico (+12,5) e calzaturiero (+144,3) concentrino oltre il 55 per cento delle ore di cassa integrazione autorizzate a livello nazionale.

La crisi nel settore moda

Felici avverte che la crisi si sta estendendo anche al settore moda, dove continua la contrazione di produzione ed export: «Questo 2025 si sta delineando come il terzo “annus horribilis” per la moda non solo da inizio secolo, ma anche dal 1990 – commenta il presidente –. E di certo non potranno bastare interventi tampone: serve una strategia a medio e lungo termine, con azioni e investimenti mirati. Qui non si tratta solo di geopolitica complessa, ma della volontà della politica nazionale di prendere davvero in mano le sorti del Paese».

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