Attualità
Coggiola venti mesi da incubo dopo l’incendio della casa
Coggiola venti mesi senza la sua casa a causa di un incendio: ora Federico Ajmone può tornare a viverci.
Coggiola venti mesi da incubo
Un percorso lungo per rialzarsi e tornare a riappropriarsi della sua vita precedente: era il 5 febbraio del 2019 quando una casa alle porte di Coggiola, davanti a Granero, andò completamente distrutta dalle fiamme. Dopo un anno e mezzo Federico Ajmone può tornare ad abitarci: «Sono esaltato e orgoglioso di tornare a casa mia. Ricomincio a vivere». Era metà mattinata quando ai vigili del fuoco arrivò l’allarme da parte di alcuni residenti: una casa andava a fuoco. Arrivarono subito le squadre dei vigili del fuoco di Ponzone, poi i colleghi di Biella. Lavorarono fino al pomeriggio per spegnere le fiamme, ma della struttura non era rimasto più nulla. Per fortuna all’interno non c’era nessuno. Ma intanto i ricordi di una vita erano andati persi, bruciati, distrutti. I danni riguardavano il tetto, tutti i piani erano stati completamente distrutti. All’interno infatti l’edificio era in legno e le fiamme riuscirono in poco tempo a distruggere tutto quanto. Rimasero soltanto le mura portanti.
Le perdite
Per Federico Ajmone, rientrato di corsa dal lavoro, iniziò un calvario. I vigili del fuoco riuscirono a recuperargli appena qualche indumento e ben pochi ricordi strappati alla furia del fuoco. Subito ci fu il problema di trovare una sistemazione, ma per fortuna venne trovata subito. Federico Ajmone poi ha deciso di ricostruire la casa a cui è sempre stato affezionato. Non è stato un lavoro semplice. Ma finalmente l’intervento è terminato. «Sono stati quasi due anni di sofferenze personali e di ricerca di soluzioni a grandi e piccoli problemi quasi quotidiani – spiega -. Il 5 febbraio 2019 bruciava la mia casa con tutto ciò che di materiale e di intangibile contraddistingue la vita di chi in quella casa ci ha vissuto e ci viveva».
I lavori
Ma non ha mai mollato, anche se sono stati due anni pesanti, tra l’altro ha perso anche il papà Pietro proprio l’anno scorso: «Oggi l’araba Fenice è pronta a accogliermi nuovamente. Sono moralmente appesantito dalle perdita di tutto ciò che mi apparteneva e per le cattiverie e angherie che le avidità di alcuni si sono abbattute sulla mia persona, ma sono esaltato dalla felicità e orgoglioso dei risultati a cui sono giunto». Ora è pronto a ricominciare a vivere nella casa che gli è sempre stata a cuore: «Spero che questo monumento, perché per dimensioni e impegno speso nella sua realizzazione così è, sia luogo di pace e serenità per me e per chi vorrà amarlo e viverlo». Dall’altro giorno ha potuto fare finalmente rientro e tornare a una normale dimensione.
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