Attualità
I ragazzi di Trivero: ”Il ladro di computer è uno della nostra scuola”
La speranza è che qualcuno si faccia un esame di coscienza e magari restituisca quanto sottratto.
Il furto nella scuola media ha lasciato amarezza e la sensazione che all’interno qualcuno abbia fatto il doppio gioco.
A Trivero gli studenti hanno voluto condividere quanto successo nel periodo di Pasqua con una sorta di favola, nella speranza che qualcuno si faccia un esame di coscienza e magari faccia ritrovare quanto rubato.
«C’era una volta una Scuola che lottava per restare a galla nel mare delle difficoltà che la vita le parava davanti – inizia il racconto -. Scuola però, stimolata dall’amore che nutriva per i suoi ragazzi, era sempre riuscita a resistere ed a svolgere appieno la sua funzione didattica». Inoltre molti progetti sono stati portati a termine grazie al volontariato dei docenti e del personale, alle industrie della zona, alle fondazioni e ai genitori dei ragazzi. Sono stati proprio loro, mediante raccolte punti, a procedere all’evoluzione digitale del complesso scolastico.
Il racconto dei ragazzi poi continua così: «A volte Scuola si era sentita sfruttata: piccole mancanze e strane sparizioni la portavano a pensare che forse non tutti al suo interno erano attenti e scrupolosi, ma tirava avanti nella speranza che, come avviene in tutte le fiabe che si rispettino, i buoni avrebbero avuto la meglio sui cattivi, che si sarebbero pentiti e non avrebbero più commesso misfatti».
Ma poi è arrivata la brutta sorpresa durante le vacanze di Pasqua. «Nella notte però presenze misteriose e minacciose si aggiravano intorno alla Scuola – prosegue il racconto degli studenti -. Indifesa e sola; incuranti del suo dolore, i brutti ceffi la violarono nel modo peggiore: avevano le chiavi. Le venne in mente una frase che aveva sentito pronunciare spesso: rubare le caramelle ad un bambino. Forse il significato della frase era proprio in ciò che lei provava: un dolore infinito, il dolore di chi dà senza chiedere e poi si vede anche derubare. Il dolore di chi vede la vigliaccheria di chi sottrae ai bambini: “rubare ai giovani è rubare il futuro di tutti noi”, pensava, mentre i bruti continuavano imperterriti a snocciolare chiavi e ad aprire tutte le serrature possibili».
Ma i ragazzi si pongono anche alcune domande: «Come facevano a sapere che erano arrivati i nuovi computer? Come facevano ad avere le chiavi? Come facevano a sapere quali armadi blindati aprire? Scuola provò il dolore più grande che si può provare: il dolore di chi sa di avere una serpe in seno. Scuola soffre e piange, per i suoi ragazzi. Come farà ora a garantire al meglio l’evoluzione digitale? Con quale coraggio potrà ancora rivolgersi ai suoi benefattori? Le rimangono poche speranze: che i paladini della giustizia riescano a gettare in gattabuia i colpevoli e che vi sia in giro ancora qualche “principe azzurro” disposto a salvarla e a scrivere con lei e per lei un lieto fine».
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