Attualità
Maria Caterina diventa nonna e si laurea: soddisfazione doppia per una donna di Plello
Maria Caterina corona la sua passione per la storia del territorio con una laurea: il traguardo superato poco dopo essere diventata nonna.
Maria Caterina Ferro si laurea
Traguardo da incorniciare per una nonna valsesiana. All’Università degli studi del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro”, dipartimento di Studi umanistici, corso di laurea triennale in studio e gestione dei Beni culturali, si è laureata la plellese Maria Caterina Ferro, con una prova finale in etnologia: “Pratiche devozionali tradizionali in una comunità della Valsesia: il caso di Plello”, relatore il professore Davide Porporato, correlatore professor Gianpaolo Fassino. Maria Caterina Ferro è una persona che ama il suo paese e vuole conservare memoria delle tradizioni, non per uno sterile attaccamento al passato, ma come ricchezza per le nuove generazioni, cui appartiene la nipotina Viola, nata il 4 luglio: «Quando ero piccola mio padre, sarto, mentre cuciva, mi raccontava le leggende del Batista Fin e la vita del passato: da allora è nato il desiderio di capire cosa ci fosse di vero in quelle storie, di comprendere questo mio paese e di condividere quanto scoperto, o meglio, riscoperto». «Plello, qualcosa in più di 400 abitanti. Frazione del Comune di Borgosesia, è un paese lungo, che affianca la strada verso Cellio. Ai più è sconosciuto»: così Maria Caterina Ferro presentava tanti anni fa il suo paese in un articolo pubblicato su “Le rive”.
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Le attività
Dopo aver contribuito alla nascita del comitato Plello Insieme, ha raccolto e pubblicato preziose testimonianze della quotidianità plellese, che altrimenti sarebbero andate perdute: “Passatempo, passa il tempo” (1996), una raccolta di fiabe, poesie, filastrocche, storie ed indovinelli e “Robe ‘d fumbre. Storia e storie di donne plellesi” (1997), parole, disegni e fotografie per ricostruire i diversi aspetti della vita plellese al femminile. Tra il marzo e il luglio 1998 con il comitato Plello Insieme organizzò una serie di serate di approfondimento della cultura plellese, completate dalla mostra, organizzata in collaborazione con la Società valsesiana di cultura: “I tempi lunghi del territorio medievale in Borgosesia e Plello”, nella quale Maria Caterina Ferro «per riempire un buco nella storia di Plello», ampliò il discorso proposto nel percorso espositivo, focalizzandolo sulla realtà plellese, ricostruendo una cartina della frazione nel periodo medievale, con indicata la localizzazione di tre luoghi sacri, delle quali non si aveva più traccia: San Giovanni Battista al Cascinone, San Rocco a inizio paese, Santa Maria delle Grazie vicino all’oratorio di Sant’Antonio. Le relazioni dei dieci incontri plellesi furono raccolte nel volume: “Discorand d’an Palel” pubblicato nel 2000. La tenacia dei membri di Plello Insieme era riuscita anche a costituire, nei locali dell’ex scuola elementare, una piccola biblioteca, inaugurata il 22 maggio 1999, oggi “aggiornata” con il “Book Crossing” e gestita da un affiatato gruppo di preziose “volontarie della lettura”, che pubblicano anche il giornalino trimestrale “Il Gatto di Biblioteca”. Nel 2010 Maria Caterina Ferro pubblica “Banda musicale Santa Cecilia di Plello. 150 anni suonati”, incrociando dati documentari e storia orale, inserendo la banda nel contesto sociale in cui nacque e si sviluppò.
La tesi
L’unica storia plellese della quale si abbia notizia, è “Solenne incoronazione di Maria SS. del Buon Consiglio, fatta in Plello nella Vallesesia, alli 14 agosto del 1870, da S. Eccellenza Reverendissima, Giacomo Filippo Gentile, patrizio genovese, Prencipe, Vescovo di Novara. Relazione dell’Abate Francesco Zanola” edita a Novara nella Stamperia di Francesco Merati, nel 1871. Quest’opera, della quale si conoscono solo pochissimi esemplari, due dei quali sono conservati nel Fondo “Durio” della Biblioteca civica “Farinone-Centa” di Varallo, è stata per Maria Caterina il punto di partenza delle ricerche per la sua tesi scritta con un taglio storico ed etno-antropologico. «Le devozioni e le pratiche religiose a Plello nel corso dei secoli che ci separano dal Basso Medioevo, sono mutate seguendo l’evoluzione sociale della popolazione locale, passata da un sistema agro-pastorale ad altre attività più redditizie, anche attraverso il consistente fenomeno emigratorio e, successivamente, immigratorio, con notevole cambiamento di valori. Ci si è rivolti a un aggiornamento devozionale, passando dagli antichi culti verso santa Caterina d’Alessandria e sant’Antonio abate, ai più moderni di san Francesco d’Assisi e della Madonna del Buon Consiglio: devozioni venute da fuori, probabilmente sentite come più attuali e vicine alle proprie necessità quotidiane. Il culto al Poverello venne introdotto da un mercante che andava e veniva da Milano; quello alla Madonna del Buon Consiglio fu invece portato da un frate cappuccino emigrato a Roma e nel milanese».
Voglia di condivisione
Maria Caterina nelle conclusioni del suo interessante lavoro di ricerca, scrive: «I cambiamenti devozionali del Ventesimo secolo sono tangibili scorrendo i documenti dell’archivio parrocchiale. Plello visse con perplessità il mutamento culturale, come in tutte le piccole realtà, in particolare il periodo degli anni Settanta. Forse quello fu il momento in cui ciò che era tradizione non fu più ritenuto necessario. Oggi, i nativi plellesi sono davvero pochissimi, ma si sente comunque un desiderio di ritrovare lo spirito comunitario, la voglia di condivisione: ne sono testimoni i tentativi di rievocare vecchie tradizioni, nonché di introdurne nuove, ma sempre rifacendosi allo spirito antico». Una copia della tesi (definita dal professor Porporato: «Lavoro di ricerca notevole, in cui le fonti, ben citate e ben utilizzate, sono tantissime e i documenti utilizzati particolarmente significativi, perché sono stati raccolti in anni lontani, attraverso interviste che risalgono agli anni Ottanta») è disponibile nella Biblioteca civica “Farinone-Centa” di Varallo, donata dall’autrice. A Maria Caterina Ferro – che continua a gestire con competenza l’archivio della chiesa, a lavorare in casa di riposo a Crevacuore con i “suoi” anziani, dove ha fondato il giornalino “Quello che mi piace”, a fare la mamma e la nonna – sono legata da una lunga amicizia: a lei vanno tutti i miei complimenti per la determinazione, l’intelligenza e la saggezza con le quali ha lavorato per anni per raggiungere questo importante traguardo personale.
Piera Mazzone
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