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Scuola e Coronavirus: sulla didattica online siamo al “fai da te” | LA LETTERA
Scuola e Coronavirus: sulla didattica online siamo al “fai da te”. Da uno studente del liceo “Ferrari” di Borgosesia riceviamo e pubblichiamo alcune riflessione riguardo la situazione della didattica a distanza che è stato necessario introdurre a seguito dell’emergenza Coronavirus, ma affidata alla discrezione dei singoli istituti, se non addirittura dei singoli insegnanti.
Scuola e Coronavirus: sulla didattica online siamo al “fai da te”
«21 febbraio 2020. Primo caso di Coronavirus in Italia. Da quel giorno nulla nel nostro paese è rimasto uguale. Con il passare dei giorni e delle settimane la situazione è peggiorata, fino ad arrivare al decreto che ha dichiarato l’intero territorio nazionale zona rossa. È ovvio che una situazione del genere ha costretto le istituzioni alla chiusura delle scuole di ogni ordine e grado, costringendo professori e studenti ad appoggiarsi ai sistemi virtuali per progredire in un programma che rischia di rimanere incompleto. Tutte le scuole quindi si sono attrezzate tramite piattaforme per lezioni virtuali, applicazioni per scambiarsi compiti e testi. Quello che trovo clamoroso sia avvenuto nella nostra scuola è l’enorme disomogeneità delle misure adottate dagli insegnanti. Non so se sia avvenuto per mancanza di direttive chiare, ma fin da subito si è palesata la mancanza di un progetto unico per tutti i docenti: chi utilizza una determinata applicazione e chi altre, chi aborra le video-lezioni e chi le vorrebbe adottare da subito (addirittura alcuni si sono affidati a live su Youtube). Sorgono quindi domande sul perché non ci sia un piano ministeriale per l’emergenza, sul perché nel 2020 non esista una piattaforma unica in tutta Italia in grado di gestire la totalità delle necessità scolastiche, da lezioni a distanza a condivisione di testi. Sul perché non sia emersa una figura autorevole che prendesse queste decisioni.
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D’altro canto non si può dire che la nostra generazione abbia gestito con intelligenza l’emergenza. Senza generalizzare, sono stati troppi i giovani ( ma non solo purtroppo) a continuare a fare la solita vita, mentre il buonsenso avrebbe consigliato di adottare misure di prevenzione. La ciliegina sulla torta è stata sicuramente l’autorizzazione a svolgere il Mercu Scurot, ma chi vi ha partecipato ha la stessa responsabilità di chi l’ha permesso. Ancora adesso in tutta Italia c’è chi evoca il suo “diritto di libertà” e di “far girare l’economia” e non accetta le misure prese dal Governo. Anche qui viene da chiedersi come si possa adottare una mentalità del genere, irrispettosa verso medici, infermieri e verso chi rischia la vita se contagiato ( quante volte si è sentito dire: “ non mi interessa ammalarmi, non sono così vecchio da morirne!” ? ). Vorrei chiudere con la riflessione di una mia amica, che stimo molto, perché non è giusto fare di tutta l’erba un fascio e accusare tutti i giovani di incoscienza,: “ Sono stata la prima a sottovalutare il problema, ma adesso la situazione deve fare riflettere. Siamo arrivati al punto di non poter uscire dal nostro paese, e c’è ancora chi si lamenta perché non può farsi una birra con gli amici. Forse è arrivato il momento di mettere da parte tutto questo e compiere scelte più consapevoli»
Lorenzo Della Peruta
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