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Varallo giovane laureata riporta alla luce la figura di Giulio Romerio

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Varallo giovane laureata ricostruisce la storia di Giulio Romerio: un affascinante viaggio nella storia della Valsesia.

Varallo giovane laureata racconta Romerio

Una tesi di laurea racconta una pagina affascinante della storia valsesiana. Da qui un incontro per conoscere meglio la figura di Giulio Romerio e il suo museo lapidario. Nelle scorse settimane all’interno del Salone dell’Incoraggiamento di Palazzo dei Musei, si è parlato del sacerdote vissuto nei primi anni del secolo scorso e che tanto si spese per Varallo operando nel sociale e nella vita culturale della città. La sua figura è strettamente legata alla storia di Palazzo dei Musei dove ricoprì il ruolo di segretario della Società di Conservazione delle opere d’arte e dei Monumenti in Valsesia. Un incontro importante che ha voluto dare spazio al lavoro di una giovane studiosa varallese, Francesca Vanzetti, laureatasi recentemente con una tesi incentrata su Romerio, del quale ha compilato una bibliografia completa e ha ricostruito la storia e portato avanti un lavoro di catalogazione completo, grazie anche all’aiuto dell’architetto Gabriella Burlazzi e del geologo Riccardo Cerri, di tutti i manufatti presenti all’interno del museo lapidario conservato nel chiostro superstite del convento di Santa Maria delle Grazie. La tesi è stata seguita e supervisionata da Giovanni Agosti e Paola Angeleri.

L’incontro

A introdurre l’argomento è stato Massimo Bonola, consigliere della Società di Incoraggiamento, che ha delineato le affinità e le differenze tra la figura di Romerio e quella di don Pietro Calderini, fondatore del Museo di scienze naturali di Varallo. Il lavoro di Francesca Vanzetti ha avuto il merito di riportare l’attenzione su di un luogo e una collezione ancora poco conosciuti, in pochi infatti conoscono l’esistenza del Museo lapidario varallese che è comunque accessibile solo con l’autorizzazione delle suore che vivono nel convento. «Qui – ha spiegato Vanzetti – vengono conservati venti reperti suddivisi in epigrafi, stemmi gentilizi di alcune delle famiglie più importanti della valle, alcune sculture e frammenti provenienti dalla chiesa varallese demolita dedicata ai Santi Antonio e Marta. L’intenzione del canonico era quella di salvaguardare e rendere fruibili testimonianze artistiche e culturali importanti che altrimenti si sarebbero perdute o sarebbero rimaste dimenticate nei depositi».

Le testimonianze

Per ogni manufatto la giovane studiosa ha redatto una scheda contenente tutte le notizie che si sono potute reperire con le sue meticolose ricerche. Il Museo lapidario al suo interno conserva una figura tricefala, due teste in granito databili al V-VI secolo e al XII e XVI, gli stemmi delle famiglie Chiarino, Alberganti e Di Maio, una testa di Fauno e numerosi frammenti provenienti dalla chiesa dei Santi Antonio e Marta anticamente collocata in piazza Vittorio Emanuale II sotto la collegiata e demolita nel 1932.
Un lavoro importante portato avanti dalla neolaureata che presto sarà pubblicato, per quanto riguarda l’aspetto della ricostruzione della bibliografia di Romerio, sul periodico annuale “De Valle Sicida” curato dalla Società valsesiana di cultura.

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