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«Lasciateci entrare coi nostri parenti». Pronto soccorso di Borgo, altre proteste
L’appello di una donna di 27 anni: diverbio con il personale, è anche intervenuta una guardia.
«Lasciateci entrare coi nostri parenti». Pronto soccorso di Borgo, altre proteste. L’appello di una donna di 27 anni: diverbio con il personale, è anche intervenuta una guardia.
«Lasciateci entrare coi nostri parenti». Pronto soccorso di Borgo, altre proteste
Continuano le proteste nei confronti delle disposizioni vigenti al pronto soccorso di Borgosesia, che solo per casi di necessità concede a parenti e amici di accompagnare il paziente e attendere con lui negli spazi interni. Ore di attesa fuori dall’ospedale si tramutano in insofferenza e rabbia, che a volte, purtroppo, porta allo scontro verbale tra i familiari dei malati e il personale sanitario.
«Non è possibile permettere che gli anziani siano lasciati soli e noi familiari abbandonati fuori dalla struttura. E’ necessario cambiare queste regole». Questo nuovo appello arriva da una donna di 27 anni di Gattinara, A.B. le iniziali di nome e cognome, e non è molto diverso rispetto alle testimonianze che Notizia Oggi ha raccolto nelle precedenti settimane.
Gli utenti lamentano il fatto che nel reparto emergenziale del nosocomio valsesiano non ci sia la possibilità di assistere i propri cari, particolarmente fragili, sia per la età matura che per le patologie che stanno affrontando.
I problemi con una parente anziana
«Lo scorso 16 agosto alle 12.30 una ambulanza ha portato una nostra parente di 89 anni con problematiche di salute, oltre che demenza senile, in pronto soccorso – racconta la giovane donna -. L’ho raggiunta in auto e ho chiesto il permesso di poter star accanto alla signora, visto che tra l’altro non riusciva a parlare. Per tutta risposta mi è stato detto che non era possibile far entrare nessuno e che avrei dovuto attendere fuori negli spazi indicati».
La gattinarese ha quindi seguito le disposizioni del personale incaricato, ma la preoccupazione per le condizioni della paziente non dava tregua. «Sono tornata a suonare al citofono per avere maggiori dettagli e mi hanno riferito che la stavano vistando, ma che avrei dovuto ancora attendere».
Il tempo passa e le notizie sullo stato di salute della anziana tardano ad arrivare. «Trascorse quattro ore e mezza dal nostro arrivo, alle 17 mi sono rivolta nuovamente al pronto soccorso e mi hanno detto che la donna era stata visitata e stavano aspettando il chirurgo. A quel punto ho domandato maggiori informazioni: chiedere l’intervento di un chirurgo mi stava facendo pensare al peggio… Di rimando il personale mi ha chiesto di tornare a casa e che mi avrebbero contattata per maggiori dettagli».
La chiamata a casa
La valsesiana segue le istruzioni indicate. «Alle 22 ho richiamato io in pronto soccorso, visto che non avevo avuto notizie, mi è stato riferito che alle 20.30 un’altra parente aveva chiamato e a lei avevano riferito le condizioni della paziente. Io a quel punto mi sono alterata in quanto avevo lasciato il mio contatto per le comunicazioni e soprattutto ero stata io ad interessarmi della anziana, quindi avrebbero dovuto contattare me».
La gattinarese si è quindi presentata di persona il mattino seguente in ospedale. «Dopo aver alzato la voce mi hanno fatto finalmente entrare e ho parlato con il medico di turno. Ho spiegato con calma che dal mio punto di vista avevano sbagliato a comunicare con un’altra parente e non con me. A quel punto il medico ha alzato il tono della voce. Il clima è stato particolarmente teso, una guardia ha domandato se tutto stesse procedendo per il meglio. Ho spiegato la situazione. Non ho proseguito con la questione ma il comportamento dimostrato dal personale del pronto soccorso non è stato per nulla rispettoso».
Conclusione: «Ci vorrebbe più umanità e buon senso. Chi va in ospedale non sta bene e magari necessita anche di avere un parente vicino. Perché non si dà questa possibilità?»
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