Fuori zona
Inquilini morosi e il paradosso del blocco degli sfratti
E’ la storia di una proprietaria torinese rimasta con un debito di 23mila Euro, rimborsata solo di 510€ dallo Stato
TORINO – Nel tranquillo contesto della campagna torinese, una proprietaria si è trovata ad affrontare un ampio debito di circa 23mila euro, lasciato da una coppia di inquilini che ha saputo sfruttare il periodo di blocco degli sfratti durante la pandemia post-Covid.
La storia, raccontata da Quotidiano Piemontese, inizia nel 2018, quando la proprietaria, A., decide di affittare la sua casa a una famiglia. Tuttavia, già nel 2019, si verificano i primi segnali di morosità, con ritardi nei pagamenti dell’acqua e delle mensilità. Nonostante ciò, A. decide di non disdire il contratto di affitto.
La pandemia e il blocco degli sfratti
La situazione si aggrava nel 2020 con l’arrivo della pandemia. Gli inquilini, approfittando delle restrizioni imposte dal governo per il blocco degli sfratti, interrompono i pagamenti, compresi affitto, acqua e riscaldamento. A., impossibilitata a procedere con lo sfratto a causa delle normative vigenti, si trova a dover fronteggiare da sola la gestione delle spese correnti.
L’impasse continua fino al 2021, quando scade il blocco degli sfratti. Nonostante la proprietaria avvii la procedura di rilascio dell’immobile, l’accumulo di richieste nei tribunali prolunga i tempi. È in questo contesto che si delinea quello che l’Unione Inquilini definirà “lo tsunami degli sfratti”, con oltre 30mila sgomberi in tutto il paese.
La svolta
Il punto di svolta avviene nel febbraio 2022, quando gli inquilini decidono di divorziare e di lasciare l’appartamento. Questo improvviso cambiamento rappresenta una fortunata occasione per la proprietaria, che riesce finalmente a recuperare il controllo della sua casa. Se non fosse stato per questa decisione autonoma degli affittuari, A. avrebbe dovuto aspettare chissà quanto ancora.
Nonostante il sollievo di riavere la proprietà, la cifra che A. ha speso per mantenere la famiglia morosa per oltre due anni si è elevata a 23mila euro. Un ammontare che, secondo le sue parole, non potrà mai recuperare. La richiesta di rimborso allo Stato si conclude con una cifra modesta: 510 euro, pari al 2,2% del totale. Un risultato che mette in evidenza la disparità tra l’impegno finanziario della proprietaria e il supporto governativo ricevuto.
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