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Cronaca

Lanciò dal balcone una bambina di tre anni: ergastolo confermato

Episodio sconcertante, in carcere il patrigno della piccola vittima.

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Lanciò dal balcone una bambina di tre anni: ergastolo confermato. Episodio sconcertante, in carcere il patrigno della piccola vittima.

Lanciò dal balcone una bambina di tre anni: ergastolo confermato

Confermata in appello la condanna all’ergastolo per il 36enne Mohssine Azhar, processato a Torino per la morte della piccola Fatima. La bimba di tre anni era morta dopo un terribile volo dal balcone al quarto piano di una palazzina di via Milano nel centro città. Era accaduto il 13 gennaio 2022.

Come riporta Prima Torino, l’accusa per Mohssine Azhar, patrigno della piccola, era di omicidio volontario. Lui aveva infatti in braccio la piccola. Ma il 36enne ha sempre sostenuto che si trattò di un incidente avvenuto mentre giocava con la figlia della compagna.

Il corpicino era stato lanciato con forza

I primi dubbi sulla versione dell’imputato erano stati sollevati dall’autopsia effettuata sul corpo della bimba. Un dettaglio in particolare sembrava smentire chiaramente l’uomo: era evidente che la bambina fosse caduta lontano dalla ringhiera. Una traiettoria difficile da compiere in seguito ad un banale scivolamento.

Secondo le ricostruzioni di quella tragica sera, l’uomo sarebbe stato particolarmente alterato da un mix di alcol e droga e dopo un diverbio con la compagna avrebbe punito la donna con l’omicidio della piccola.

“Giustizia per mia figlia”

Proprio la mamma della bimba, subito dopo la sentenza con cui la Corte di Assise di appello, che ha confermato la condanna all’ergastolo dell’imputato, ha dichiarato tra le lacrime: «Ho voluto giustizia per mia figlia. Solo questo. Finché sarò viva mi batterò per lei».

Soddisfatta anche la sua legale, Silvia Lorenzino, che ai microfoni della Rai dichiara: «Confidavamo in questo risultato. L’impianto accusatorio era intangibile e ha retto anche in Appello. Quello dell’imputato fu un gesto di stizza, una punizione suprema per la mia cliente che in quel momento non voleva che la bimba stesse con lui visto il suo stato di alterazione. Questo non sminuisce il gesto: anzi, lo rende ancora più crudele. L’imputato ha trattato la bimba come un oggetto su cui sfogare la propria rabbia».

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