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Ucciso per una bottiglia di gin: episodio sconcertante nel Biellese

Un 58enne senza dimora massacrato a calci e pugni, quattro persone a processo.

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Ucciso per una bottiglia di gin: episodio sconcertante nel Biellese. Un 58enne senza dimora massacrato a calci e pugni, quattro persone a processo.

Ucciso per una bottiglia di gin: episodio sconcertante nel Biellese

Una bottiglia di gin finita troppo in fretta sarebbe stata all’origine del pestaggio che costò la vita a Giovanni Santus, un 58enne senza fissa dimora ucciso a Chiavazza nel mese di luglio del 2023. Per quella vicenda, il pubblico ministero Paola Francesca Ranieri ha formulato pesanti richieste di condanna nei confronti dei quattro imputati.

La procura ritiene che i due principali responsabili del pestaggio siano Lionel Ascoli e Andrea Basso, entrambi accusati di aver colpito ripetutamente la vittima a calci e pugni. Per loro il pm ha chiesto la pena più dura: ergastolo, con sei mesi di isolamento diurno per Ascoli e due per Basso. A innescare la violenza, come accennato, è stato probabilmente il fatto che la vittima si fosse scolato una bottiglia di gin all’insaputa degli altri presenti.

Gli altri due imputati

Non solo chi ha materialmente colpito la vittima: sul banco degli imputati ci sono anche altre due persone, accusate di non aver fatto nulla per fermare la violenza o per chiedere aiuto.

Si tratta del proprietario dell’appartamento dove si consumò il delitto, Silvio Iarussi, per il quale la procura ha chiesto 17 anni di reclusione, e di Asia Luciana Mula, compagna di Basso, per la quale la richiesta è di 14 anni e sei mesi.

Secondo la ricostruzione dell’accusa, dopo un primo pestaggio Santus era ancora vivo, rantolante sul pavimento. Ma nessuno degli altri presenti avrebbe chiamato i soccorsi. Anzi, mentre Ascoli e Basso uscivano per acquistare della droga, gli altri due sarebbero rimasti in casa senza intervenire, forse anche per paura.

Il corpo messo sotto l’acqua bollente

Quando i due giovani tornarono, l’aggressione sarebbe ricominciata fino alla morte del clochard. Poi il tentativo di depistaggio: il corpo messo sotto la doccia bollente, per cercare di cancellare i segni delle percosse.

Il processo proseguirà con le arringhe difensive, ma la richiesta di condanne pesantissime sottolinea la gravità attribuita a un delitto definito dagli inquirenti di “rara ferocia”.

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