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«Danni del grande incendio della Valsessera? Li vedono solo gli ambientalisti»

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L’ex consigliere Silvano Civra Dano critico contro chi parla di montagna devastata dall’incendio del 2015

Il triverese Silvano Civra Dano, ex consigliere comunale, scende in campo sul processo al piromane che nel 2015 bruciò più di mille ettari di pascolo e boschi in alta Valsessera (l’uomo è stato condannato a 5 anni e 4 mesi). Civra Dano si è documentato e, pur condannando il gesto in sè, sostiene che alla fine il danno ambientale non ci sia stato. «Il debbio, o abbruciamento dei pascoli, si pratica nell’arco alpino da 4000 anni, secondo quanto dicono al museo di Aosta, ovvero da quando l’uomo abita la montagna – spiega -. Una volta, non essendoci le motoseghe e non essendoci l’acciaio, recuperarono zone improduttive bruciando le foreste. E’ andata avanti fino agli anni Sessanta, nel tardo autunno o anche in primavera venivano incendiati i pascoli. Era un fuoco basso che lasciava indenne le piante, ma stiamo parlando di praterie e prati d’altura».

L’incendio del novembre-dicembre 2015 però ha provocato danni ingenti tenendo impegnati volontari Aib e vigili del fuoco per giorni, senza dimenticare l’utilizzo del Canadair. «Il fuoco che si è propagato due anni fa è stato decisamente importante e forse anche per certi aspetti devastante perchè da decenni non si praticava il debbio – riprende Civra Danno -. Se ci fossero stati ancora i pascoli come un tempo regolarmente abbruciati forse non si sarebbe verificato un danno del genere».

Insomma tutta colpa dell’abbandono della montagna? «Una volta sui prati che portano al Ponasca c’erano manze, mucche e pecore quando c’erano le baite. Si vedevano le fumarole che bonificano il terreno. Quindi la stagione successiva il pascolo era più ricco».

Tant’è che in vari interventi su Facebook Civra sostiene che chiunque può vedere oggi che le montagne percorse dal fuoco sono verdi e piene di alberi. Per cui propone di fare un esperimento: «Mi sono confrontato con esperti che mi hanno spiegato che il pascolo si inacidisce dopo il passaggio del fuoco. Qualche anno fa avevano bruciato la zona della cima di Bors, l’estate successiva ero salito e ho visto gli animali che pascolavano nella parte bruciata. Non sto dicendo di bruciare la pineta, ma le praterie d’altura. A suo tempo avevo proposto in Comune un accordo con università e forestale prendendo un pendio e fare un abbrucciamento controllato, quindi perimetrarlo e poi individuare un altro perimento delle stesse zone. Andrebbero messi dentro i capi e capire i loro gusti per capire chi ha ragione: gli storici pastori o gli esperti ambientalisti della domenica?»

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