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Varallo, iniziata la seconda vita al museo Calderini
Il materiale conservato è stato tolto dalle teche e completamente ripulito, mentre il salone è stato oggetto di interventi strutturali
Nuovo volto per il museo di storia naturale “Pietro Calderini” di Varallo. Nei giorni scorsi, in occasione del centocinquantesimo anniversario della sua fondazione, l’istituzione ha riaperto i battenti con un “look” più moderno. «La lettura del discorso pronunciato da don Pietro Calderini il 28 settembre 1867, fatta dall’attore Graziano Giacometti, mentre alle spalle veniva proiettata l’immagine del sacerdote scienziato, è stata la premessa della presentazione del riallestimento del museo – racconta la direttrice della biblioteca varallese “Farinone Centa”, Piera Mazzone – che non è stato solo riaperto, ma è “rinato”, come ha detto Massimo Bonola, sottolineando la modernità e l’attualità di molti dei concetti espressi».
La riapertura del museo era un evento atteso da molti anni. «Da parte della Società d’incoraggiamento c’era la consapevolezza che questo patrimonio giacesse in condizioni indecorose, ma il cammino per riprenderne la fruizione è durato più di vent’anni, anche perché, come ha spiegato Bonola, questo museo è molto particolare: né civico, né statale, né universitario, ma un’emanazione di una associazione, quindi molto più difficile da gestire se non ci fosse anche l’aiuto di altre istituzioni».
Numerosi gli interventi dei rappresentanti di enti ed istituzioni. Il sindaco di Varallo Eraldo Botta si è impegnato a “regalare” al museo l’illuminazione delle teche con luci al led, simili a quelle installate negli armadi espositivi laterali, che facilitano la visione dei reperti e non li danneggiano. Alla cerimonia c’erano anche il neo assessore alla Cultura e al Turismo, Alessandro D’Alberto e Enrico Rigamonti, rappresentante della Fondazione Cassa di Risparmio di Vercelli, che ha contribuito generosamente al progetto di riordino e riqualificazione del museo; il direttore dell’intero complesso museale; Carla Falcone.
Marta Coloberti, giovane laureata in scienze naturali, giunta a Varallo nel 2009 come vincitrice di una delle borse di studio istituite dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Vercelli, con tenacia, intelligenza e perseveranza, è riuscita a far rinascere il museo: «Il nuovo allestimento del salone al secondo piano del palazzo è solo il primo tassello di un progetto molto più ampio, riguarda la sezione naturalistica, mentre le altre due, archeologica e demo-etnografica, saranno oggetto di progetti che saranno attivati negli anni successivi. Dopo centocinquant’anni si è cercato di dare un assetto scientifico più rigoroso al materiale delle collezioni, separando le varie nature: naturalistica, archeologica e demo-etnografica».
Partendo dalle immagini del Museo scattate alla fine degli anni Novanta, quando era già stato collocato al secondo piano del palazzo per dare più spazio alle opere della Pinacoteca, Coloberti ha spiegato le scelte museografiche difficili e combattute: «Un anno e mezzo fa il Museo è stato svuotato di tutti i reperti che sono stati ripuliti e riclassificati, l’ampio salone è stato oggetto di interventi strutturali, generosamente finanziati dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Vercelli: il pavimento di palladiana è stato sostituito con piastrelle di grès porcellanato scuro, una scelta coerente con quella precedente adottata per le altre sale della Pinacoteca; sono state tamponate tutte le finestre per avere più spazio per gli armadi espositivi e per eliminare i riflessi della luce naturale che avrebbero reso difficile la lettura delle collezioni; è stato cambiato il colore delle teche, adottando quello più utilizzato nei musei scientifici ottocenteschi. Nelle bacheche centrali sono state collocate le varie collezioni, mentre negli armadi perimetrali sono state esposte le collezioni faunistiche».
Per arrivare a questo nuovo allestimento è stato fatto un enorme lavoro di recupero dei singoli reperti, che giacevano erano abbandonati da anni, effettuato grazie anche all’intervento dei ragazzi del Liceo scientifico di Borgosesia, impegnati in stage di alternanza scuola-lavoro; gli studenti hanno passato due estati a pulire animali. Poiché il Museo Calderini era nato a scopo didattico, è stata recuperata e amplificata questa valenza creando anche una mascotte, il “Frolik”, una sorta di mediatore tra i concetti scientifici e i bambini e creando una sezione didattica dedicata ai più piccoli.
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