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Cronaca

Roasio mette in vendita la casa e si trova ostaggio di un contrasto tra etnie

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Roasio mette in vendita la casa, ma la situazione degenera e il caso finisce in tribunale.

Roasio mette in vendita la casa

Tutto è partito dalla semplice vendita di una casa, ma il caso è poi finito addirittura in tribunale. Quando gli acquirenti sinti della casa di Roasio scoprono che i futuri vicini sono rom, fanno saltare l’acquisto. E per le venditrici, madre e figlia, inizia un vero incubo: tanto che si trovano vittime di una tentata estorsione. La vicenda è arrivata in tribunale a Vercelli. Ora per quattro persone, appartenenti allo stesso nucleo famigliare, è stata chiesta la condanna. La vicenda risale al 2020 quando madre e figlia decidono di mettere in vendita l’abitazione a Roasio. Si fa avanti una coppia di sinti: la casa piace e c’è l’accordo anche sul prezzo. Si arriva quindi a firmare anche il contratto preliminare, con i coniugi acquirenti che versano 4mila euro come caparra. Poco dopo però la coppia scopre che i vicini di casa sono rom. A quel punto l’acquisto salta, e un settantaduenne rom ridà la caparra ai due coniugi sinti, forse per cercare di mettere le cose a posto dal lato economico, ed evitare problemi.

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I fatti

A quel punto però il medesimo soggetto pretende i soldi indietro dalla proprietaria della casa. Inizia a insistere, ma davanti alle resistenze, arriva alle minacce: «Questa casa te la faccio bruciare» arriva a dire alle proprietarie. E ancora: «Ti rendo la casa invendibile, nessuno la vorrà». Le due donne non cedono. Anche perchè nessuno avrebbe chiesto all’uomo di intervenire e fare da mediatore sulla restituzione della caparra.
Secondo l’accordo preliminare di vendita infatti i 4mila euro, nel caso in cui la vendita fosse saltata, sarebbero stati persi e rimasti alle venditrici, che provano a spiegare la situazione all’uomo.
Ma ormai le cose degenerano. L’intera famiglia rom inizia infatti a fare pressioni per avere indietro i soldi. Arrivano anche a far scrivere, secondo le accuse sotto dettatura, una scrittura privata a un geometra che impegnava la donna restituire i soldi. Stanche e anche un po’ impaurite della situazione che si è venuta a creare, le donne decidono di chiedere l’aiuto ai carabinieri e denunciano tutto invece che pagare.

A processo

Alla fine sotto processo finiscono in quattro: il 72enne rom che nelle udienze ha sempre spiegato di essere intervenuto pagando la caparra solo per cercare di mettere le cose a posto. Nei guai anche il figlio, la moglie e la nuora che avrebbero avuto vari ruoli, sempre secondo l’accusa, nella tentata estorsione.
Durante le udienze discusse in aula in tribunale a Vercelli la proprietaria della casa ha invece raccontato la paura nel trovarsi in una situazione del genere, in fondo voleva solo vendere la vecchia casa.
E proprio nell’ultima seduta in tribunale il pubblico ministero ha chiesto un anno e 8 mesi di condanna per il 72enne, mentre la richiesta di un anno e tre mesi per gli altri parenti coinvolti. Mentre la difesa ha chiesto l’assoluzione. Secondo la loro ricostruzione non ci sarebbero i presupposti per l’estorsione, il 72enne sarebbe intervenuto solo come paciere.

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