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«Salvo grazie a Viola che ha corso nella neve senza uno scarpone»
Tre settimane fa padre e figlia venivano soccorsi e portati a Carcoforo dopo un drammatico volo in un canalone.
«Salvo grazie a Viola che ha corso nella neve senza uno scarpone». Tre settimane fa padre e figlia venivano soccorsi e portati a Carcoforo dopo un drammatico volo in un canalone.
«Salvo grazie a Viola che ha corso nella neve senza uno scarpone»
Il fatto risale a tre settimane fa. Un uomo finisce in un dirupo mentre sta camminando con la figlia poco sopra a Carcoforo. Nonostante le gravi condizioni riportate dopo 40 metri di salto nel vuoto, riesce a sopravvivere. E la ragazza, pur spaventata, si fa un’ora di strada fino al paese (e con un solo scarpone) per dare l’allarme, perché i telefoni cellulari non prendono.
Protagonisti della vicenda sono Marco Menichetti e la figlia Viola. Marco, escursionista esperto, qualche giorno dopo è poi stato operato all’ospedale di Aosta per ridurre le conseguenze della caduta, e l’intervento è andato bene. La figlia ha invece potuto tornare a casa quasi subito. E ora l’uomo accetta di raccontare quella giornata che resterà probabilmente per sempre nella sua memoria.
Marco, come è cominciata quella drammatica giornata?
Mia figlia da qualche tempo mi chiedeva di poter condividere una giornata insieme e così ci siamo organizzati. Abbiamo raggiunto Carcoforo nella tarda mattinata di sabato 4 gennaio. Abbiamo individuato il sentiero segnalato dagli enti competenti. Sulla segnaletica era indicato un cammino di due ore e mezza. Consapevoli che il rifugio Alpe Massero fosse chiuso ci siamo portati dei panini per pranzo e quindi abbiamo cominciato a camminare. C’era poca neve, e noi comunque eravamo attrezzati. Quindi tutto è cominciato sotto i migliori auspici.
Cosa è accaduto nel tragitto?
Ad un certo punto non abbiamo più trovato gli appositi segnali che indicavano la presenza del tracciato. Eravamo a circa 2mila metri. Accortomi che qualcosa non stava andando per il verso giusto, ho detto a Viola di seguirmi: siamo scesi a circa 1700 metri. Durante il tragitto però mi sono trovato di fronte ad un canalone. Ho provato a pensare ad una alternativa, ma risalire non si riusciva e soprattutto non avendo segnali precisi per ritrovare la località iniziale, ho pensato che l’unica soluzione sarebbe stata quella di affrontare il precipizio agganciandomi ad un albero. Per un momento sono anche riuscito a reggermi. Poi però sono scivolato. La caduta è stata di 40 metri…
A quel punto cosa avete fatto?
Io ho picchiato la testa su una roccia e ho iniziato a perdere sangue. Non le dico il dramma che purtroppo mia figlia è stata costretta a vedere… Purtroppo però ero cosciente che qualcosa era necessario fare. Le ho detto di provare a raggiungermi, e di seguire le mie istruzioni, e che tutto sarebbe andato per il meglio.
Viola è stata molto coraggiosa…
E’ stata determinata, ha ascoltato le mie indicazioni. Ha tentato piano piano di raggiungermi ma poi mi ha detto che è stata costretta anche lei ad affrontare la caduta. Mi ha prestato i primi soccorsi e poi le ho detto di mandare a se stessa sul cellulare la posizione di dove eravamo così non appena si fosse riuscita a collegare al segnale telefonico sarebbe stata in grado di indicare esattamente ai soccorsi dove trovarmi. E così ha fatto. Dopo di che ha iniziato a correre per salvarmi. Pensare che nella situazione emergenziale ha perso anche uno scarpone e ha corso per più di trenta minuti nella neve scalza, è pazzesco…
Una delle difficoltà è quindi stato riuscire a comunicare con i soccorsi…
Esatto. Poco prima di arrivare in paese a Carcoforo Viola ha agganciato una cella che le ha permesso di fare il numero di emergenza. Gli operatori sono stati formidabili. Sono arrivati con l’elicottero e nonostante vi fossero i fili della teleferica mi hanno tratto in salvo al meglio.
Cosa prova attualmente dopo aver vissuto un’esperienza del genere?
Io sono sereno. Evidentemente qualcuno ha voluto che io riuscissi a venir fuori da questa situazione sano e salvo. Sono contento di poter riabbracciare presto tutti coloro a cui voglio bene. La mia missione ora sarà quella di incoraggiare mia figlia e starle vicino nel riuscire ad affrontare lo shock. Purtroppo ora è convinta che è colpa sua se è accaduto tutto questo, ma non è così, è stata solo una brutta esperienza.
C’è qualcosa che vorrebbe aggiungere?
Direi solo che è necessario rivedere la segnaletica dei percorsi in montagna. Il nostro tracciato non era per esperti ma per persone normali, eppure… Inoltre non c’era neppure un livello di neve tale da coprire tutte le indicazioni. A ciò si aggiunge il fatto che le condizioni meteo non erano pessime: c’era il sole e neppure foschia. Forse all’inizio dei percorsi sarebbe il caso di dare tutte le indicazioni non solo per affrontare al meglio l’escursione, ma anche nozioni in caso di situazioni di emergenza. E poi, seppur chi va in montagna o al mare è cosciente di entrare in un mondo lontano dalla città, forse con le tecnologie di oggi si potrebbe incrementare in qualche modo il sistema di comunicazione.
Tornerà in montagna?
Ma certo. Io ho sempre amato la montagna e continuerò ad amarla, anche dopo questa esperienza.
E in Valsesia?
I soccorritori mi hanno detto che dovrò tornare assolutamente, anche solo perché devono farmi assaggiare le miacce che sono decisamente buone. Penso che seguirò il consiglio…
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