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La Valsesia ricorda Andrea a tre anni dalla tragedia
La guida alpina era stata trovata senza vita a soli 37 anni nella zona del ponte della Gula.

La Valsesia ricorda Andrea a tre anni dalla tragedia. La guida alpina era stata trovata senza vita a soli 37 anni nella zona del ponte della Gula.
La Valsesia ricorda Andrea a tre anni dalla tragedia
«La perdita di una persona cara è sempre fonte di dolore, per quel senso di vuoto che avvolge e disorienta. L’assenza di chi non è più tra noi spalanca domande senza risposta, interrogativi sul mistero insondabile della vita e della morte».
E’ l’inizio del ricordo firmato da Gae Valle della guida alpina di Alagna Valsesia, Andrea Pierrettori, nel del terzo anniversario della sua tragica scomparsa. Aveva appena 37 anni quando fu trovato senza vita nel Mastallone, vicino al ponte della Gula. Prima di scegliere la strada che lo ha portato a diventare una guida alpina, Pierrettori aveva lavorato sugli impianti di risalita di Alagna.
Una ferita ancora aperta
«Quanto più quella presenza era intrecciata alla nostra esistenza, tanto più il distacco si fa lacerante. Per una madre, per un padre, il dolore si trasfigura in strazio assoluto: nessuno dovrebbe sopravvivere al proprio figlio. È una ferita che infrange l’ordine stesso della natura. Per alcune persone, poi, per la loro professione che hanno scelto – come quella di guida alpina, che fu il cammino di Andrea – con la loro scomparsa finiscono per togliere un frammento di gioia anche a coloro che si sarebbero affidati a loro, per vivere emozioni uniche come quelle che regala l’esperienza di entrare nel mondo dell’aria sottile».
E Pierrettori era una guida alpina davvero apprezzata: «Esperienze come salire alla “Margherita”, non seguendo la via normale, incolonnati in una coda da supermercato, ma percorrendo la cresta Signal, che conduce verso il cielo. Un cielo che non è la dimora di Dio, secondo la concezione cristiana, bensì, nel pensiero metafisico, rappresenta l’andare oltre, lasciando a ciascuno libera interpretazione».
«Come sosteneva Spiro Dalla Porta Xydias, il raggiungimento della vetta non è una questione tecnica o sportiva, ma piuttosto un fatto spirituale, la concretizzazione della ricerca e dell’elevazione insite in ogni uomo. Con l’alpinismo, tutto l’essere umano, nella sua essenza, si innalza verso l’alto».
“Sapeva accompagnarti con dolcezza”
La guida alpina alagnese era un esperto nel suo lavoro. «E Andrea sapeva accompagnarti nell’ascesa a questo mondo meraviglioso con dolcezza, facendoti cogliere, ad esempio, come in montagna, nello spazio di poche centinaia di metri di dislivello, si possa osservare lo stesso cambiamento della natura che altrove richiede migliaia di chilometri in latitudine. Gli alberi di latifoglia aprono il cammino, seguiti dagli abeti e dai larici, fino ai magri pascoli che cedono il passo alle morene, lambite dal precipitare delle seraccate di ghiaccio dalle vette».
«Altari antichi del mondo, che donano forma all’infinito e accolgono per primi e per ultimi, i raggi obliqui del sole. Salire in montagna è fondersi con essa, divenire parte integrante della natura, nell’oblio dell’utopia del quotidiano. Nell’abbraccio silenzioso della montagna, affido ad Andrea le parole di Rabindranath Tagore tratte da Poesie del prodigio, perché proseguano laddove le nostre non arrivano».
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